lunedì 9 settembre 2013

Riflessioni sulla crisi in Siria


Ho saputo che i vertici dei GD hanno adottato una posizione critica rispetto un intervento militare in Siria. Io non sono ancora riuscito a prendere una posizione precisa. Il conflitto in Siria è estremamente complicato, vede coinvolti molteplici protagonisti i cui interessi talvolta si incrociano creando strane e improbabili alleanze. Inoltre è difficile trarne informazioni concrete, riconosciute come vere da tutte le parti;  ancora troppi sono i retroscena su cui bisogna fare pienamente luce. Mi limiterò quindi ad esporre qualche riflessione sull’argomento.
Questo conflitto iniziato nel 2011 è stato per anni messo in secondo piano. Dapprima è rimasto all’ombra della guerra civile in Libia, ritenuto dai media e dai governi occidentali più importante dato l’impatto che il conflitto aveva sull’opinione pubblica sia per le maggiori dimensioni sia per la vicinanza. Una volta risolto questo conflitto ci siamo comunque scarsamente interessati alla Siria, abbiamo preferito guardare dall’altra parte sperando che le cose si risolvessero da sole. Purtroppo le cose non si sono risolte. Piuttosto, anche grazie al disinteresse dell’Occidente il conflitto si è complicato all’inverosimile, ed il numero dei morti è salito a oltre 110.000. Non tutti però nel resto del mondo si sono disinteressati. La Russia ha deciso di appoggiare seppure non militarmente (non direttamente, almeno per ora) il regime di Assad, difendendolo all’interno delle Nazioni Unite da eventuali risoluzioni punitive proposte dagli USA, e fornendo armi all’Esercito Siriano. Come la Russia anche la Cina e l’Iran difendono il regime di Assad.
Sull’altro fronte invece la Coalizione Nazionale Siriana a maggioranza sunnita ha trovato un all’alleato concreto nell’Arabia Saudita da cui ha ricevuto finanziamenti e l’appoggio dei Mujaheddin. Israele è più volte intervenuto militarmente nel conflitto con raid aerei contro l’esercito siriano  ma solo per colpire obbiettivi da cui si sentiva direttamente minacciato come convogli di armi diretti agli arsenali di Hezbollah (organizzazione terroristica sciita libanese legata al regime di Assad e all’Iran). Il CNS ha ricevuto appoggio, seppur su un piano diplomatico, anche da parte di alcuni paesi europei, Francia in primis, ma soprattutto  dagli Stati Uniti che, se il governo Obama riceverà l’appoggio del Congresso, potrebbero prendere parte attiva contro nella lotta al regime.
Ovviamente sorge spontaneo chiedersi cosa farà o cosa dovrebbe fare l’Italia. Innanzitutto bisogna chiedersi perché gli Stati Uniti vogliano intervenire, quali sono i loro interessi, e considerare se i loro interessi possono essere anche i nostri. Stando ai piani ufficiali resi noti del governo americano, le intenzioni dell’amministrazione Obama sembrerebbero volersi limitare a condurre una campagna di bombardamenti mirati alcuni obbiettivi strategici dell’Esercito Siriano al solo scopo di punire  un regime colpevole di avere usato armi chimiche contro il proprio popolo. L’intenzione di punire il dittatore per l’impiego di armi chimiche è probabilmente la motivazione ufficiale ma non quella effettiva: da sola infatti non basterebbe a spiegare l’improbabile alleanza, in tale teatro di guerra, con  Al Quaeda, contro cui gli USA da più di 10 anni conducono una lotta senza quartiere. Una spiegazione potrebbe essere che se Assad ne uscisse vincitore la Siria potrebbe ritornare sotto la sfera di influenza Russa riportando gli equilibri geopolitici nel mediterraneo e nel Medio Oriente indietro di oltre 20 anni, cioè come prima della fine della Guerra Fredda.  Un’altra potrebbe essere che colpire il regime Siriano sia la prima mossa per arrivare a colpire l’Iran,  storico alleato dello sciita Assad. L’Iran è infatti ormai prossimo alla fabbricazione di armi nucleari, grazie alle quali vedrebbe enormemente aumentare il proprio peso sul piano internazionale, eventualità che andrebbe fermata prima che sia troppo tardi. Un’altra spiegazione ancora potrebbe essere quella di voler controllare le sorti del dopoguerra siriano, riducendo  l’importanza che gli estremisti religiosi hanno avuto nella guerra di liberazione e riuscendo così ad emarginarli dal processo di pace e dal futuro governo della Siria. Sorge spontaneo anche chiedersi se quella siriana sia a tutti gli effetti una guerra di liberazione o magari, anche  se inizialmente è nata come tale, si sia trasformata in una guerra di religione tra sciiti e sunniti. Sarebbe imbarazzante per dei paesi occidentali trovarsi invischiati in una guerra di religione araba, schierati oltretutto al fianco dei terroristi mujaheddin.
L’Italia senza l’avvallo dell’ONU non interverrà direttamente nel conflitto. Con buona probabilità però ne potrebbe rimanere coinvolta in Libano dove il contingente italiano e quello di altre nazioni è schierato per salvaguardare la pace. Hezbollah potrebbe infatti tentare come risposta all’attacco americano contro l’amico Assad una rappresaglia verso Israele costringendo i militari italiani ad intervenire. Un altro problema legato alla Siria non indifferente per l’Italia è rappresentato dalla enorme massa di profughi che si riverserà sulle nostre coste fintanto che durerà la guerra.

Non ho ancora avuto modo di capire le ragioni, probabilmente valide, che hanno portato vertici dei GD ad adottare una posizione di non intervento/pacifista rispetto al conflitto; vorrei però che si prenda in considerazione che a differenza di quando gli Stati Uniti dichiararono a torto guerra all’Iraq oggi il conflitto esiste già, ha già fatto 110000 vittime e altrettante potrebbe ancora farne. Questa guerra civile non offre soluzioni diplomatiche, e irrimediabilmente può finire solo con l’eliminazione dei vertici dell’una o dell’altra fazione. Un intervento occidentale per porre fine al conflitto potrebbe fare meno morti che non lasciare  alla guerra fare il suo corso.

LUCA LORENZINI.
Delegato dei GD Carrara al Gruppo GD Regionale "Euro 2014".