martedì 19 novembre 2013

NO AL FEMMINICIDIO!!! IL PENSIERO DEI NOSTRI COMPAGNI E DELLE NOSTRE COMPAGNE DELLA VAL DI MAGRA!


Amare, lottare, morire...”


"Sangue mio, sangue di alba, sangue di luna tagliata a metà, sangue del silenzio".
Susana Chávez



C’è un regno tutto tuo
che abito la notte
e le donne che stanno lì con te
son tante, amica mia,
sono enigmi di dolore
che noi uomini non scioglieremo mai.
Come bruciano le lacrime
come sembrano infinite
nessuno vede le ferite
che portate dentro voi.
Nella pioggia di Dio
qualche volta si annega
ma si puliscono i ricordi
prima che sia troppo tardi.
Guarda il sole quando scende
ed accende d’oro e porpora il mare
lo splendore è in voi
non svanisce mai
perché sapete che può ritornare il sole.
E se passa il temporale
siete giunchi ed il vento vi piega
ancor più forti voi delle querce e poi
anche il male non può farvi del male.
Una stampella d’oro
per arrivare al cielo
le donne inseguono l’amore.
Qualche volta, amica mia,
ti sembra quasi di volare
ma gli uomini non sono angeli.
Voi piangete al loro posto
per questo vi hanno scelto
e nascondete il volto
perché il dolore splende.
Un mistero che mai
riusciremo a capire
se nella vita ci si perde
non finirà la musica.
Guarda il sole quando scende
ed accende d’oro e porpora il mare
lo splendore è in voi
non svanisce mai
perché sapete che può ritornare il sole
dopo il buio ancora il sole.
E se passa il temporale
siete prime a ritrovare la voce
sempre regine voi
luce e inferno e poi
anche il male non può farvi del male.

(Il regno delle donne -
Alda Merini)


Il femmicidio e il femminicidio.
Usato sin dall'inizio del XIX secolo per indicare gli omicidi di donne, la parola femmicidio ricompare negli slogan delle femministe negli anni Settanta, e poi nel 1992 quando la studiosa Diana Russell la utilizza nei suoi libri per parlare della forma estrema di violenza da parte dell'uomo contro la donna “perché donna”. Nel 2006 la parlamentare femminista messicana Marcela Lagarde conia la versione femminicidio, di cui si serve per definire non sola la forma più estrema, ma anche tutte le forme di discriminazione e violenza di genere che sono in grado di annullare la donna nella sua identità e libertà non soltanto fisicamente, ma anche nella loro dimensione psicologica, nella socialità, nella partecipazione alla vita pubblica.

Colpisci una donna, colpisci la vita.

Sono donne di tutte le età, di vari ceti sociali, abitanti in diverse parti del Paese. Le loro morti differiscono solo per le modalità della loro uccisione e per le vittime collaterali che le accompagnano ma tutte hanno in comune, salvo una minoranza, il fatto che sono state uccise da uomini che hanno avuto con loro relazioni affettive, sentimentali, matrimoniali o parentali a cui si sono ribellate. Ed è proprio questo il nodo della questione: le donne vengono uccise perché considerate oggetti di proprietà. E nel momento in cui cercano di spezzare questo legame, perché vogliono un'altra vita, scatta la furia. Insomma c'è chi dice di amarle e poi le priva della vita, come fossero bestie che non hanno diritto di scelta.
Ci sono però altre vittime del femminicidio. Vittime di cui quasi nessuno parla mai, travolti dall'orrore di una violenza che confonde l'amore con il possesso. Vittime che non sono sotto i riflettori, perché minorenni. Ma proprio per questo più a rischio. I bambini mai nati, quelli uccisi insieme alle proprie mamme, altri che con i lori piccoli occhi hanno avuto la sventura di assistere all'omicidio della figura più importante e tutti quelli che sono costretti a sopravvivere senza la persona che gli ha dato la vita.


Vite spezzate, vite cancellate ancora quante?

Nel 2012 si sono contate ben 124 donne uccise a causa della violenza di genere, cui fanno spalla altri 47 tentati omicidi. Dall'inizio del 2013 ad oggi invece si contano più di 100 vittime. Una ogni due giorni. Ogni giorno ad orrore si aggiunge orrore.
Più di cento nomi e cento tragiche storie finite nel sangue, donne uccise da amori sbagliati e malati. Cento storie di morte che puntano il dito contro una società che in essa esplode in tutta la sua debolezza e il suo precario equilibrio.
Non esiste in Italia un osservatorio nazionale sul femminicidio come in altri paesi, ma i dati vengono raccolti da associazioni e gruppi di donne basandosi sulle notizie riproposte dai mass-media. Tale metodologia fa supporre una forte sottostima dei dati in quanto solo una parte degli omicidi vengono riportati dalla stampa.

Qui di seguito sono riportati i nomi di alcune vittime del 2013, con le loro età e le modalità con cui sono state uccise:
    Annunziata, 78 Anni
    Accoltellata dal marito nel settembre 2012 è morta dopo quattro mesi di coma.
    - Anna Francesca, 52 anni
    Uccisa dal compagno che aveva denunciato ai carabinieri per ingiurie, percosse e per violenza fisica e psicologica.
    - Maddalena, 63 anni - Barbara , 42 anni
    Uccise nel sonno a martellate e coltellate dal marito e padre che ha motivato con: “quando io sarò morto cosa sarebbe stato di loro?”
    - Carolina , 14 anni
    Si è lanciata dalla finestra di casa. Si ipotizza istigazione al suicidio – era perseguitata da un branco su facebook.
    - Liliana, 65 anni
    Uccisa dal compagno 68enne che le ha dato fuoco nell’ascensore dopo averla cosparsa di benzina al termine dell’ennesima lite.
    - Hrieta, 36 anni
    Freddata con un colpo di pistola vicino all’orecchio dall’ex marito.
    - Antonia, 46 anni
    Massacrata a coltellate dall’ex convivente, per gelosia.
    - Donika, 47 anni
    Uccisa con 4 colpi di pistola dal convivente.
    - Franca, 51 anni
    Uccisa con un colpo di fucile a pallini dal suo amante, che poi si è suicidato.
    - Giuseppina, 87 anni
    Uccisa dal marito a martellate.
    - Olayemi , 24 anni
    Bruciata viva dall’ex fidanzato di una amica mentre cercava di difenderla.
    - Bruna, 75 anni
    Uccisa dal marito a martellate in testa.
    - Giuseppina, 52 anni
    Morta dopo tre giorni di agonia, investita e incendiata dal marito.
    - Jamila, 30 anni
    Il marito l’ha uccisa con una coltellata al cuore e poi ha portato via i due bambini (2 anni-13 mesi) – Jamila si era rivolta più volte ai carabinieri in passato.
    - Giuseppina, 81 anni
    Uccisa dal marito perché era malata.
    - Shedjie, 38 anni
    Uccisa a colpi di mattarello dal marito (reo-confesso – arrestato).
    - Vivian, 24 anni
    Trovata con cranio fracassato vicino a linea ferroviaria (si indaga in attesa autopsia).
    - Denise, 42 anni
    è stata uccisa con corpo contundente forse dal marito che è già stato fermato.
    - Lucelly Molina, 32 anni
    Di nazionalità colombiana – trovata nel bagno con la testa spaccata da un oggetto (uccisa da ignoti).
    - Adriana, 79 anni
    Uccisa dal marito nel sonno con un colpo di baionetta alla gola (perché malata di Alzheimer).
    - Egidia, 68 anni
    Uccisa dal marito con arma da fuoco.
    - Daniela, 46 anni e Margherita, 61 anni
    Uccise sul posto di lavoro da un imprenditore cui era stato negato finanziamento.
    - Marilena, 30 anni
    Uccisa dalla compagna a colpi di pistola.
    - Maria Carmela, 70 anni
    Uccisa a bastonate dall'ex genero (ferita anche la figlia).
    - Maria, 57 anni
    Deceduta per un colpo alla testa – l’ex marito si è costituito.
    - Francesca, 56 anni e Martina, 19 anni
    Madre e figlia sgozzate dall’uomo (reo confesso) con cui la madre aveva una relazione.
    - Mihaela, 25 anni
    Dilaniata da molteplici coltellate – ritrovata dal fidanzato e due amici.
    - Adela Simona, 36 anni
    Strangolata dal compagno che voleva lasciare.
    - Denise, 22 anni
    Uccisa con premeditazione con un colpo di pistola alla testa dall’ex-fidanzato che poi si è suicidato, perché “non poteva vivere senza di lei”.
    - Florentina, 19 anni
    Uccisa a coltellate e ritrovata in un sacco.
    - Michela, 41 anni
    Uccisa dall’ex-marito 42enne (guardia giurata) per strada, che le ha sparato in un inseguimento con l’auto. E dopo averla uccisa ha tentato il suicidio.
    - Maduri, 42 anni
    Morta nell’incendio della sua casa - aveva le mani e i piedi legati.
    -
    Ilaria, 19 anni
    Il suo corpo seminudo giaceva sotto un albero. Ilaria è stata strangolata, forse durante un tentativo di violenza.
    - Alessandra, 30 anni
    Aggredita e uccisa a coltellate, colpita al collo e al braccio. Era vicino al suo scooter e forse si era fermata per parlare con il suo assassino. L’ex fidanzato è stato fermato, era già stato condannato a 18 anni per omicidio volontario nel 1990.
    - Chiara, 27 anni
uccisa nel suo appartamento dal compagno, guardia giurata, prima le ha sparato e poi si è ucciso. Avevano un figlio, che al momento del delitto era a scuola.
- Maria, 55 anni e Letizia, 19 anni
Maria, imprenditrice, vicesindaca e assessora uccisa, come la figlia Letizia (e il figlio) con un
colpo di pistola alla testa dal marito e padre.
    Immacolata, 53 anni
    Morta in seguito alle lesioni riportate a causa delle percosse subite dal marito.
    - Sofia, 23 anni
    È stata accoltellata cinque volte e lasciata in un noccioleto, con l’arma (un coltello da cucina) ancora conficcata nella schiena.
    - Rita, 47 anni
    Scomparsa e ritrovata cadavere nel fiume Ledra.
    - Mihaela, 35 anni
    uccisa a colpi d'ascia sul cranio dall'ex marito.
    - Giuseppina, 88 anni
    Uccisa per strangolamento dal figlio.
    - Henryka, 37 anni
    Coinquilina di Mihaela, strangolata. L'assassinio di entrambe si è lanciato sotto il treno in corsa, morendo sfracellato.
    - Silvana, 49 anni
    Uccisa per gelosia, con un colpo di pistola alla testa, dal marito che poi si è suicidato.
    - Angelica, 35 anni
    Uccisa con dieci coltellate dall'ex convivente che non si era rassegnato alla fine del rapporto.
    - Fabiana, 15 anni
    Accoltellata e bruciata viva dal fidanzatino di 17 anni per gelosia.
    - Sandita, 38 anni
    Uccisa dal marito, per strada, sgozzata con due coltellate alla gola.
    - Anna, 52 anni
    Morta a causa di violentissime percosse alla testa, al viso e al corpo. Arrestato il figlio Ciro di 28 anni reo confesso. La madre si era rifiutata di obbedire alla sua richiesta di portargli un bicchiere d'acqua.
    - Giovanna, 53 anni
    Insegnante, uccisa con cinque colpi di pistola da un bidello della sua scuola che si era invaghito di lei (che non se ne era neppure accorta). L'assassino ha confessato di aver premeditato il delitto perché "colpito dalla sua indifferenza".
    - Olga, 62 anni
    Sfigurata e uccisa (circa due giorni prima del ritrovamento) con colpi di spranga alla testa e al volto e il corpo gettato in una scarpata dentro uno scatolone per frigoriferi. Ricercato il marito sposato un anno fa.
    - Irma, 33 anni
    uccisa a coltellate dal marito (reo confesso) davanti alle due figlie di 8 e 10 anni.
    - Samanta, 38 anni
    la scomparsa denunciata il 3 aprile del 2012, il suo corpo è stato ritrovato avvolto in un lenzuolo e una busta di plastica per rifiuti, murato nello scantinato della casa dell’ex convivente.
    -
    Raffaella, 41 anni
    Uccisa a colpi di arma da fuoco dal marito.
    - Giovanna, 60 anni
    Uccisa per strada dall’ex, a colpi di pistola.
    - Olena, 50 anni
    Sgozzata per gelosia dal compagno nella sua casa poi data alle fiamme.
    - Silvia, 39 anni
    Scomparsa e ritrovata morta, col cranio sfondato, nel freezer di casa, avvolta in un sacco di plastica – uccisa dal convivente.
    - Marta, 50 anni
    Prima colpita con un pugno e poi uccisa a colpi di arma da fuoco dall'ex marito.
    - Tiziana, 36 anni
    uccisa dal marito dopo una lite con una coltellata al collo. Il bambino era in casa.
    - Rosi, 25 anni
    Uccisa a coltellate dall'ex convivente, fuggito e poi arrestato dalla polizia. Voleva ritornare con lei e al suo rifiuto l’ha uccisa davanti al figlio di due anni. Anche questo un delitto annunciato, più volte la donna ne aveva segnalato lo stalking..
    - Michelle, 21 anni
    Uccisa dal fidanzato a martellate e poi avvolta in un lenzuolo e nascosta sotto il letto. Movente, la gelosia.
    - Nicoletta, 55 anni
    Trovata dalla donna delle pulizie, che ha notato la porta d'ingresso aperta e all'interno, a terra, c'era il corpo della donna, con nastro adesivo sulla bocca.
    - Laura, 48 anni
    La sindaca di Cardano era stata ferita gravemente con due colpi di pistola, nell'esercizio delle sue funzioni, da un ex dipendente del comune.
    - Cristina, 38 anni
    Uccisa a colpi di pistola dall'ex marito che non accettava la separazione. Ucciso anche il compagno. La donna lo aveva denunciato per aggressione e violenza.
    - Erica, 43 anni
    Uccisa a colpi di pistola dall'ex marito che non aveva accettato la separazione e che poi si è suicidato.
    - Lucia, 31 anni
    Scomparsa e ritrovata morta nel garage dell'ex convivente.
    - Antonella, 48 anni
    Uccisa a colpi di arma da fuoco dall'ex che non accettava la separazione.
    -Maria Grazia, 38 anni
    Uccisa dal compagno.
    - Marilia Rodrigues Silva Martins, 29 anni
    29enne brasiliana trovata morta nel suo ufficio a Gambara, nel Bresciano. Incinta di tre mesi, ferita alla testa e traumi sul viso. Il procuratore di Brescia, Fabio, ha spiegato che l’assassino aveva la necessità di eliminare il problema rappresentato dal fatto di essere il padre del bambino. L'uomo aveva anche creato un falso account di mail per attribuire a un'altra persona la relazione con la ragazza.
    - Paola, 53 anni
    Psichiatra uccisa da un paziente con 28 coltellate sul posto di lavoro. I medici della struttura avevano chiesto una guardia giurata, ma il servizio non era stato concesso.
    - Rodika, 40 anni
    Deceduta in ospedale dopo un ricovero di sei giorni per le percosse ricevute dal convivente.
    - Lavinia Simona, 18 anni
    Il corpo nudo, morta per strangolamento. Attorno al collo aveva due fascette autobloccanti da elettricista. L'assassino ha abusato del corpo anche dopo la morte. Disposta l’autopsia per scoprire se sia stata anche stordita con l'etere.
    - Tatiana, 41 anni
    Violentata e uccisa, l'assassino ha bruciato il cadavere. Indagato un 21enne.
    - Maria Pia, 66 anni
    Uccisa a coltellate per strada, mentre andava al lavoro, dall'ex marito.
    - Monica, 40 anni
    Uccisa con un colpo di balestra dallo zio che poi si è suicidato.
    - Marta, 29 anni
    Strangolata e abbandonata nell'auto dall'ex fidanzato, che aveva lasciato da circa 4 mesi durante i quali era stata fatta oggetto di gravi molestie. Lo aveva anche dununciato per stalking.
    - Ilaria, 20 anni
    Ferita a colpi di pistola dal suo convivente, è deceduta in ospedale. La 20enne subiva da tempo angherie e percosse da parte del compagno ma non aveva mai presentato denuncia.
(fonte: UDI)


Prevenzione.

In questi ultimi mesi a livello nazionale è stato fatto molto sia come eventi di sensibilizzazione sia a livello giuridico come l'approvazione del nuovo decreto legge.
E' stato fatto molto si, ma la strada è ancora molto lunga, non si deve solo pensare alle pene, ma si deve cercare soprattutto di prevenire e di evitare altre vittime. Importante è stata quindi l'attivazione del 1522 numero di pubblica utilità, promosso dal Dipartimento per le Pari Opportunità, che offre un servizio di accoglienza telefonica multilingue e attivo 24h/24 per 365 giorni l'anno rivolto alle vittime di ogni forma di violenza. E' un servizio che ha come scopo quello di estendere e rafforzare questa capacità di accoglienza e sostegno nei confronti delle vittime di violenza di genere e stalking. Importante e fondamentale sarebbe però essere “vicini” e “accanto”, nel vero senso della parola, a queste donne. Si dovrebbe cercare di creare quindi una rete capillare di sportelli d' ascolto e centri di prima accoglienza nei vari territori del nostro Paese. A livello nazionale si dovrebbe cercare di creare linee guida e regole semplici, chiare e uguali per cercare di uniformare questa rete. Sarebbe anche utile aiutare gli uomini. Come esistono i centri di disintossicazione per droga, alcool e gioco si potrebbe anche parlare di quelli che potrebbe aiutare gli uomini a disintossicarsi dalla violenza sulle donne. E' partito un progetto pilota a Modena. Si chiama "Liberiamoci dalla violenza", il progetto è nato circa un anno fa sulla scia di un esperimento effettuato in Norvegia.


L'indifferenza uccide.

Fino ad adesso abbiamo solo parlato di femminicidio nel suo ultimo atto, ma in realtà prima di arrivare a questo punto c'è un lungo percorso a volte di anni, dove spesso le donne subiscono ogni giorno violenza di diverso genere: fisica e psicologica. Nel 2006 è stata condotta la prima vera ricerca sulla violenza contro le donne mostrando una realtà sommersa e feroce. Dieci milioni di italiane confessarono di aver subito violenza fisica, sessuale o psicologica nella stragrande maggioranza dei casi per mano degli uomini di famiglia. La violenza di genere non è raptus né la manifestazione di una patologia. Le ricerche sulla violenza di genere ci dicono che questo si esprime con una escalation di episodi sempre più gravi, non è mai episodica e spessissimo i suoi autori sono lucidissimi. Il 30% delle donne ha dichiarato che non aveva mai parlato prima con nessuno e soltanto il 18% considerava quanto accaduto un reato e questo dato è in linea con le statistiche di altri paesi, le donne stentano di riconoscere le violenza del proprio partner. Sappiamo bene che molte sopportano perché sperano nel cambiamento del proprio compagno. Altre perché pensano che sia meglio per i figli avere una figura paterna.



Libere di amare, felici di vivere.

Davanti al silenzio che diventa complicità con i violenti e gli assassini un gruppo di donne di Sarzana ha deciso di creare l'Associazione “Vittoria” che si pone il duplice obiettivo di lavorare sul territorio da una parte per la sensibilizzazione culturale sulla violenza di genere, dall'altra per dare aiuto concreto e sostegno a tutte le donne che in qualche modo si sentono in una situazione di difficoltà.
Molte sono le iniziative organizzate dall'Associazione Vittoria che si sono state svolte a Sarzana e tante altre sono già in programma.
Il 5 Ottobre 2013 si è svolta l'installazione “Scarpe Rosse” . Le scarpe rosse lasciate sulla scalinata di Piazza Cesare Battisti non volevano essere come spesso è accaduto associate a simbolo erotico-sessuali ma sono mocassini, scarpe da ginnastica, col tacco, stivali, scarponi da lavoro a simboleggiare il cammino interrotto di tutte le vittime di violenza. Un cammino interrotto per morte fisica ma anche psicologica. Allo stesso tempo però le scarpe rosse simboleggiano la possibilità di camminare e di intraprendere un nuovo percorso con lo spirito, l'entusiasmo e la grinta rappresentate in maniera simbolica dal flash mob, che è stato eseguito lo stesso giorno e che ha come titolo “Break the chain” : Spezza la catena.
Il 9 Novembre, invece, verrà dedicato all'iniziativa “Posto Occupato”. E' un gesto concreto dedicato a tutte le donne vittima di violenza . Ciascuna di quelle donne, prima che un marito, un ex, un amante decidesse di porre fine alla sua vita, occupava un posto a teatro, sul tram, a scuola, in metropolitana, nella società. Questo posto vogliamo riservarlo a loro affinché la quotidianità non la sommerga.



Noi Giovani democratici e il femminicidio.

Noi come Gruppo Giovani Democratici Val Di Magra ci impegneremo per continuare ad affrontare questa importante tematica e a dare un supporto concreto all'Associazione Vittoria partecipando in modo attivo anche alle loro iniziative.
Aderiremo alla campagna “Posto Occupato” andando ad occupare davanti alle nostre scuole una sedia per ricordare tutte quelle ragazze nostre coetanee che prima di morire occupavano un posto a scuola! E proprio a partire dalla scuola pensiamo sia necessario creare e intraprendere un vero percorso di educazione all'interno delle nostre strutture scolastiche. Ma da dove arriva tanta violenza?
“Non è una questione di genere. C’è una cultura che favorisce la violenza. Un bambino non nasce picchiatore o violentatore, ma lo diventa. Nel corso della storia gli uomini sono stati incoraggiati all’uso della violenza, anche se per natura non sono più violenti delle donne. Nella nostra società regna ancora la cultura dell’uomo-padrone, che porta avanti la famiglia. C’è chi pensa ’se amo, possiedo, quindi la mia donna è una mia proprietà’. E se l’uomo è convinto di questo principio, quando viene abbandonato uccide e spesso sente anche l’impulso a tentare il suicidio, perché non accetta di aver subito un torto, di essere stato vittima e non carnefice. Non accetta di riconoscere la sua debolezza nella società, rispetto alla volontà e alla forza di una donna”.



Spezza la catena”



Danzare per dire che le donne vogliono un mondo sicuro e libero da ogni oppressione, danzare per affermare che le donne non sono una proprietà, danzare per dire in un sol coro "vogliamo fermare gli abusi, il dolore, rompere le catene", danzare perché le donne sono forza, energia, danzare per prendere in carico il proprio destino.”
(Parole tratte dalla canzone Break the chain brano utilizzato per il FlashMob Internazionale One Billion Rising)


Irene Gruzza,
GD VAL DI MAGRA.

martedì 12 novembre 2013

EURO 2014!!

Il progetto EURO 2014 nasce su iniziativa del gruppo Giovani Democratici Toscana, con l’aiuto essenziale dell’Istituto Gramsci, ed è un progetto che ha come finalità quella di informare e sensibilizzare sui temi dell’Europa, in previsione delle elezioni europee che si svolgeranno nella Primavera del 2014.
Il percorso EURO 2014 si è fino ad oggi articolato in una serie di incontri e dibattiti ai quali hanno partecipato sia esponenti del mondo accademico, con docenti ed esperti delle Università di Firenze, Siena e Pisa, sia esponenti del mondo politico come Leonardo Domenici, ex sindaco di Firenze e oggi europarlamentare per il Partito Democratico.
Nei dibattiti sono stati toccati diversi temi che hanno analizzato la situazione europea attuale, le sue criticità e le possibili migliorie, dal punto di vista economico, istituzionale e storico/politico.
Scopo di questo documento è contribuire all’opera di sensibilizzazione e informazione sull’Europa.

Europa: confini e diversità culturali
Si può affermare a buon diritto che l’obiettivo a lungo termine dell’Europa sia quello di procedere con l’integrazione fino alla formazione di un'unica nazione europea.
Si può altresì affermare che la nascita di una nazione è impossibile fino a quando non esista a livello di popolazione l’idea o il sentimento di nazione europea. La nascita di questa idea è ostacolata fortemente dalle grandi differenze culturali esistenti in Europa in particolare per quelle esistenti tra lacosiddette Europa Occidentale e Europa Orientale. Si tratta di differenze che investono ogni ambito socio-culturale, a partire dalla storia più recente con una parte dell’Europa sotto l’influenza statunitense e l’altra sotto l’influenza sovietica con tutto ciò che consegue dal punto di vista dell’impostazione economica e dello sviluppo della società in generale. Ma sono anche differenze più risalenti nel tempo, con la religione cattolica-protestante predominante nell’Europa Occidentale e quella ortodossa nella parte Orientale.
Diverso è il modo in cui la storia viene insegnata nelle scuole, con personaggi che da una parte sono associati a pagine nere di storia, dall’altra sono considerati quasi eroi.
Una differenza esiste anche a livello mediatico con i media che sembrano considerare Europa solo quella costituita da Germania, Francia, Italia e “adiacenze” con un interesse scarso o nullo a tutti gli stati dell’Europa Orientale che pur fanno parte dell’UE.
Quest’ultimo punto ci porta anche a riflessioni più pratiche: nei primi anni 2000 il boom dei consensi in Austria di partiti di destra estrema portò ad una forte reazione da parte dell’Unione Europea; in anni più recenti il verificarsi di una situazione simile se non più grave in Ungheria non ha portato alla stessa reazione: è l’attuale debolezza europea oppure l’Ungheria è “meno Europa” dell’Austria? Per quanto a molti queste questioni possano sembrare di importanza secondaria la nascita del sentimento di nazione europea in tutti i popoli d’Europa potrebbe rappresentare la molla per far scattare a livello politico gli ingranaggi giusti per arrivare ad una maggiore unità europea, cosa che, come vedremo più avanti nel documento, avrebbe sicuramente enormi vantaggi economici e non solo.

Il PD e l’Europarlamento
Ad oggi il Partito Democratico costituisce un’anomalia all’interno dell’Europarlamento, in uno scenario dominato da grandi gruppi e partiti, in primis il Partito Popolare Europeo (PPE) e il Partito Socialista Europeo (PSE). Sono queste le due maggiori forze del parlamento europeo che rappresentano le due grandi anime politiche dell’Europa.
Da una parte troviamo il PPE, che nasce storicamente come il partito dell’alta borghesia europea di fede cattolica e protestante, oggi diventato la casa per tutti i partiti conservatori del continente rappresentando dunque l’area della destra e del centro destra.
Dall’altra parte troviamo il PSE che abbraccia tutti i partiti che in Europa affondano le proprie radici nel socialismo e nella socialdemocrazia e che rappresenta ad oggi tutto il fronte del centro sinistra e della sinistra moderata. In questo contesto il Partito Democratico si trova ad esistere come un’entità a se stante che agisce come un satellite del PSE, cioè lavora a stretto contatto con questo ma non ne fa parte. Si tratta di una situazione che comporta un grande svantaggio: il Partito Democratico può solo appoggiare le iniziative del Partito Socialista Europeo ma non ha voce all’interno del PSE stesso (si pensi alla recente scelta del PSE di proporre l’attuale presidente del parlamento europeo Martin Schulz come candidato unico alla guida della Commissione Europea: il PD ha potuto solo appoggiare la scelta ma non partecipare al dibattito interno al PSE che ha portato alla scelta di Martin Schulz).
In definitiva è una problematica che può e deve essere superata, anche perché sono molti i punti di contatto tra i due partiti in questione. Si è già parlato della stretta collaborazione tra PD e PSE favorita anche dalla formazione del Gruppo dell'Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici al Parlamento Europeo (S&D), il gruppo parlamentare che riunisce nell’europarlamento PSE e PD; sono poi numerosi i leader del nostro partito che si sono espressi a favore dell’adesione al PSE, senza poi considerare come un partito che in Italia ha la giusta ambizione di rappresentare la sinistra e il centro sinistra non possa non far parte del partito che rappresenta la stessa area a livello europeo.
                                                                        
Inadeguatezza di un sistema
All’interno del mondo globalizzato, che vede ormai come principali attori economici e militari nazioni di dimensioni continentali quali gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, l’India eil Brasile, l’attuale sistema politico dell’Unione Europea mostra sempre di più limiti e inadeguatezze, poiché ancora troppo dipendente dalle politiche nazionali degli stati membri.
I problemi che l’Europa deve affrontare sono problemi globali.
Il modo in cui questi problemi vengono affrontati si rivela sempre più inadeguato, a causa di un sistema politico complesso e inefficiente e allo stesso tempo non abbastanza centralizzato e autorevole da imporre politiche comuni in tempi brevi.
In effetti, l’Unione Europea, per come è attualmente organizzata, limita già i Paesi membri per quanto riguarda la propria sovranità governativa; questa limitazione però non va a favore delle decisioni dell’Europarlamento o di un governo europeo comunemente eletto da tutti i cittadini europei, ma a favore dei Paesi considerati “più responsabili”. Ciò genera una subalternità dei centri di potere continentali incapace di governare processi globali nell’interesse comune.

I costi della divisione
La mancanza di un governo unitario forte, capace di generare sinergie tra i Paesi membri, genera oltre ai costi della politica, anche altri costi altrimenti evitabili. Tra questi: un costo economico, dovuto a inefficienze di produzione e di mercato; un costo sociale, dovuto all’insostenibilità del welfare universale, e all’insufficienza di meccanismi di retribuzione sovrannazionali; costi relativi alla sicurezza, assurdi in quanto inseriti in un sistema inefficiente in termini di spese militari e forze armate nazionali singolarmente inefficaci di fronte ad un conflitto armato moderno; un costo istituzionale, dovuto al crescente grado di sfiducia che gli europei nutrono nei confronti dell’UE; un costo in tema di ricerca,dovuto al duplicarsi dei costi della ricerca portando avanti progetti paralleli, identici e non coordinati sviluppati dai Paesi membri.

Necessità di una politica monetaria unica
Di fronte all’inefficacia dell’attuale sistema politico sovrannazionale europeo, ancora troppo dipendente dai governi nazionali, la risposta non deve essere quella di ritornare alle sovranità nazionali, ma rafforzare il governo e le istituzioni di Bruxelles, metterle in primo piano e subordinare ad esse tutti i governi e le istituzioni nazionali, arrivando - in definitiva - alla creazione di un governo federale europeo. Per riassumere in un unico concetto: occorre diventare da Unione Europea a Stati Uniti d’Europa.
La debolezza principale che caratterizza l’attuale sistema dell’Unione Europea è la presenza di un sistema di politica monetaria ambiguo e unico nel suo genere. L’euro viene, infatti, distribuito dalla banca centrale al tasso di inflazione europeo mentre i debiti pubblici nazionali vengono contratti ai tassi di interesse nazionali. Questi ultimi sono però tenuti alti a causa di scarse valutazioni delle agenzie di rating riguardo la probabilità di insolvenza degli stati contraenti.
Proprio i tassi di interesse troppo alti a livello nazionale sono la causa della progressiva paralisi dei sistemi di welfarenazionali che si trovano impossibilitati a contrarre debito pubblico per rilanciare l’economia locale e per far fronte ai disagi sociali. Gli alti tassi di interesse nazionali diventano essi stessi un fattore di moltiplicazione del debito pubblico, con il rischio di farlo accrescere fino a livelli insostenibili, generando così una crisi economica dagli esiti potenzialmente letali, non solo per il singolo paese o per l’Europa, ma per tutti coloro che possiedono ingenti quote di titoli non solvibili. Uno scenario questo che genererebbe disastri a catena sul teatro finanziario globale e una recessione dai caratteri apocalittici.
Questo difetto sistemico può essere corretto accentrando totalmente la politica monetaria nelle mani della BCE; questa soluzione permetterebbe così di contrarre debito pubblico a livello europeo con un tasso di interesse più basso e sostenibile, dovuto al maggiore grado di fiducia che le principali agenzie di rating nutrono nei confronti della Banca Centrale Europea. Successivamente il debito contratto verrebbe distribuito dalle istituzioni politiche europee agli enti locali pubblici e ai privati in deficit dei singoli stati, seguendo parametri espressi dall’Europarlamento, voce di tutti i cittadini dell’Unione.
Qualsiasi politica di welfare che prescinda da questo passaggio non può che risultare fasulla e chiunque la promuova lo fa per ignoranza o in malafede.
Quando negli anni ’90 si formulavano i parametri del Trattato di Maastricht e si progettava l’unione monetaria si dava per scontato che fosse solo il primo passo verso l’unione politica federale. Negli anni successivi all’entrata in vigore dell’Euro, a causa di un periodo di crescita che stava attraversando l’Europa e l’affermarsi di governi di destra conservatori e populisti nei principali Paesi dell’Unione Europea, si arrestò il processo di integrazione poiché i governi nazionali pensavano che in fondo la situazione andasse bene così com’era. La crisi del 2008 e i successivi attacchi speculativi sui debiti sovrani dei Paesi considerati strutturalmente deboli da parte delle principali banche mondiali, ha evidenziato quanto in realtà questo sistema di cose risulti fragile e inadeguato.

La soluzione è l’Austerity?
La politica di Austerity proposta da Angela Merkel riflette l’opinione pubblica di gran parte dei tedeschi e dei Paesi del nord Europa. In questi Paesi il concetto di debito è sinonimo di quello di colpa e non è concepibile che i Paesi “colpevoli" debbano ricevere i loro soldi senza prima avere espiato le proprie colpe tramite politiche di tagli della spesa pubblica definite di “lacrime e sangue”.
Questa politica è allo stesso tempo immorale e pericolosa.Immorale perché il governo tedesco non ha diritto di dettare la linea di politica interna ad altri Paesi europei ugualmente sovrani. Pericolosa per almeno due buone ragioni. I cittadini dei Paesi in deficit perderanno fiducia nei confronti delle Istituzioni Europee, rispolverando antichi rancori nei confronti della Germania. Questo provocherebbe un’ulteriore divisione nel continente favorendo il consolidarsi di partiti estremisti anti-europei di stampo populista, che rischierebbero di pregiudicare il progetto europeo creando forti tensioni all’interno degli stessi sistemi democratici nazionali. Inoltre la contrazione dei consumi andrebbe a ridurre le stesse esportazioni tedesche, perlopiù rivolte all’interno dei confini europei. Il risultato finale per la Germania sarebbe di generare una decrescita che colpirebbe l’Europa intera, compresa se stessa.
Con i capitali risparmiati grazie a sinergie di sviluppo economico e scientifico e con quelli ottenuti grazie ad una potenziale emissione di titoli di stato europei da parte della BCE stessa (i cosiddetti Euro-bond), il governo europeo avrebbe fondi sufficienti per attuare politiche economiche istituzionalistiche di sviluppo efficienti ed efficaci, se dirette da istituzioni bene organizzate referenti al governo e dotate di una notevole autorità presso gli enti e i governi dei singoli Paesi.
Si potrebbe addirittura assistere ad un nuovo miracolo economico capace di fare recuperare all’Europa la centralità internazionale persa con le due guerre mondiali.
L’Europa Federale potrebbe diventare abbastanza ricca da promuovere una politica estera capace di fare fronte ai problemi che la riguardano con maggiore autonomia ed incisività, aumentando il proprio potere contrattuale per le importazioni di gas e combustibili fossili. Questo consentirebbe inoltre di attuare politiche di investimento nei Paesi del terzo mondo da cui provengono la maggior parte dei flussi migratori migliorando le condizioni di vita dei popoli Paesi coinvolti, ottenendo un’espansione della nostra sfera di influenza politica nel mondo in modo del tutto pacifico e riducendo il flusso migratorio che non potrà essere assorbito in eterno.      

Inefficienza dell’attuale sistema istituzionale.
Appare evidente che l’Europa non funziona.
Non funziona, in particolare, perché non funziona da un punto di vista politico-istituzionale.
E’ vero, i vari trattati che si sono succeduti e che hanno caratterizzato la storia dell’integrazione europea hanno il merito di aver permesso di creare e regolare rapporti di varia natura tra i paesi che via via si riconoscevano nella Comunità (che col trattato di Maastricht del 1992 diventa “Unione”).
Tuttavia non sono riusciti a dotare la stessa Unione di un’efficiente sistema istituzionale.
A tal fine è stato stipulato nel 2007 il Trattato di Lisbona, con il desiderio, espresso nel Preambolo, «di completare il processo avviato dal trattato di Amsterdam e dal trattato di Nizza al fine di rafforzare l'efficienza e la legittimità democratica dell'Unione nonché di migliorare la coerenza della sua azione».
I fatti dimostrano, però, che si è ancora lontani dall’avverarsi di tale desiderio.
Dal punto di vista dei contenuti, in realtà, il Trattato di Lisbona dimostra di voler definire meglio i poteri delle istituzioni europee per rafforzarne l’efficienza e la legittimità.
Il Trattato recepisce, in particolare, gran parte delle innovazioni contenute nella famosa Costituzione Europea approvata nel 2004 e mai entrata in vigore per la bocciatura francese e olandese.
Così, ad esempio, specifica meglio le ripartizioni delle competenze tra Unione e Stati membri, distinguendo tra competenze esclusive, concorrenti e di sostegno; afferma il principio di sussidiarietà, in base al quale l’Unione interverrà solo se gli obiettivi che essa persegue non possono essere sufficientemente raggiunti dagli Stati membri; introduce due procedure di revisione dei trattati (una ordinaria e una semplificata) e la possibilità di recedere dall’UE.
Soprattutto, inoltre, il Trattato di Lisbona modifica alcuni aspetti istituzionali.
In particolare, il Consiglio Europeo è annoverato per la prima volta tra le istituzioni dell’Unione, attribuendogli la funzione di organo di indirizzo politico e dotandolo di un Presidente eletto ogni due anni e mezzo dai Capi di Stato o di Governo degli Stati membri.
Ancora di difficile inquadramento è, all’interno del Consiglio, la figura dell’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, una sorta di Ministro degli Esteri dell’Unione.
Al di là di questi aspetti (apparentemente solo) tecnici, bisogna domandarsi se l’Europa, così come  è congeniata, funzioni o meno.
La risposta non può che essere negativa.
Troppe sono ancora, infatti, le questioni rimaste aperte e che impediscono all’Unione di porsi in modo chiaro e competitivo sulla scena internazionale.
Il quadro a livello istituzionale è molto complesso: ai tre “classici” organi, il Trattato di Lisbona ha aggiunto, come detto, il Consiglio Europeo, attribuendogli funzione di indirizzo politico.
Se aggiungiamo a ciò la grande importanza che viene data ai Parlamenti Nazionali (inseriti stabilmente nelle procedure legislative dell’Unione), otteniamo un quadro assai complicato.
Tale quadro, da una parte rende più ponderate e controllate le decisioni ma dall’altra delinea un sistema consociativo, idoneo più ad ostacolare che a facilitare queste decisioni.
Collegata a tale problematica – e non meno importante – è quella relativa al potere di rappresentanza in seno all’Unione: chi rappresenta l’Europa?
Il Presidente del Consiglio Europeo? O quello della Commissione Europea? E perché non l’Alto Rappresentante?
Questo aspetto non viene chiarito, ed è chiaramente sintomatico di quanto siamo ancora lontani da una vera e propria Unione, per la quale non basta l’affermazione di una personalità giuridica unica ma è necessario fare in modo che tale personalità giuridica possa essere esercitata.
Siffatta questione si riflette inevitabilmente sulla politica estera dell’Unione, non bastassero i problemi che in questa prospettiva crea la divergenza tra il testo del Trattato, che riconosce la soggettività internazionale dell’Unione e l’istituzione di una figura incaricata di gestire la politica estera comune, e quello della Dichiarazione annessa al Trattato, che contiene una serie di precisazioni in difesa delle prerogative statali, prevedendo che le disposizioni del Trattato non toccano responsabilità e poteri di ciascuno Stato membro nella formulazione e gestione della propria politica estera e non pregiudicano le sue relazioni con Paesi terzi e organizzazioni internazionali.

Quale Europa vogliamo?
Arriviamo, così, alla “questione delle questioni”, alla problematica principale, che sta alla base di tutto: quale Europa vogliamo?
La risposta a questa domanda può seguire due opposte direzioni: da un lato vi è l’idea di un’Europa come istituzione confederale, intergovernativa e prevalentemente (se non esclusivamente) dedita alle questioni economiche; dall’altro vi è l’idea di un’Europa politica (e quindi non solo economica) e federale.
La natura attuale dell’Europa non sceglie nettamente nessuna delle due strade, mescolando elementi federali e confederali, integrazione e cooperazione, metodo sovranazionale e intergovernativo.
Appare fondamentale, dunque, eliminare tale ambiguità, così da poter dare veramente un senso ed un obiettivo all’integrazione Europea.

Se la risposta alla domanda “quale Europa vogliamo?” è il presupposto per poter veramente costruire qualcosa di efficiente ed efficace, presupposto di tale presupposto è la consapevolezza di essere Europa (per poter “volere” ci vuole consapevolezza di ciò che si vuole!).
Allo stato attuale tale consapevolezza ancora è debole, ed è solo con essa che si potrà costruire un’Europa che davvero non sia solo una regione geografica ma che costituisca un soggetto unico a tutti gli effetti.
Insomma: o l’Europa la facciamo, e la facciamo davvero, oppure siamo destinati a scomparire, schiacciati dall’implacabile incedere della storia.

I delegati dei GD Carrara ad Euro 2014,
Yuri Ceragioli
Sirio Genovesi
Luca Lorenzini.