lunedì 18 agosto 2014

L'intervento alla Festa de L'Unità di Barbarasco del Segretario, Mario Taurino.

Parlare di Berlinguer non è semplice e non lo è perché la sua grandezza, le sue parole, i suoi gesti, ma anche l’umanità e la grande semplicità con cui è riuscito a diventare un punto di riferimento per noi uomini e donne di sinistra e, in generale, della politica italiana (dato che gli avversari politici, loro malgrado, hanno dovuto riconoscerne il valore), il suo essere un uomo, un compagno, dicono già tutto.
Tanti, tantissimi di voi hanno vissuto Enrico ma io, che sono nato nel 1989, non ho avuto la stessa fortuna: ho dovuto e voluto leggere le sue frasi, ho voluto leggere le opinioni di chi lo ha potuto vivere sia da militante del PCI sia da competitor politico; ho voluto ascoltare i suoi discorsi; ho potuto, grazie allo splendido lavoro del nostro Walter Veltroni, vedere questo documentario e l’ho fatto più volte perché di osservare e di imparare da un grande uomo non si può e non si deve mai essere stanchi.
Non ve lo nascondo: ho pianto a vedere quei funerali, ho pianto di fronte alla sofferenza di quel 7 giugno del 1984… ho pianto perché ho visto dove la forza della passione e delle idee possa portare e ho pianto perché ho paura che, con grande probabilità, mai più nessuno potrà regalarci queste emozioni, potrà insegnarci così tanto.

Ebbene il Segretario ci ha lasciati 30 anni fa… in questi 3 decenni è caduto il muro di Berlino e con esso i due schieramenti della Guerra Fredda; è caduta l’URSS e dal PCUS sono emersi uno El’Cin, lontano dal concetto di socialismo, e un Putin che ha mantenuto del passato solo la matrice propria del FSB; in 30 anni abbiamo vissuto la globalizzazione, la post-globalizzazione e abbiamo visto che pian piano le dinamiche economiche sono diventate ciò che detta i tempi della politica e non il contrario; nonostante ciò,  in questi tre decenni, non ci hanno lasciato le sue parole… parole importanti di cui noi giovani dobbiamo necessariamente e orgogliosamente essere portatori.
Noi giovani, soprattutto noi giovani che militiamo nel PD, un partito che nasce proprio sulla scorta del progressismo e della necessità di interpretare dinamicamente le esigenze della politica e dunque della società, cosa che Berlinguer ha portato avanti con forza nella sua vita, abbiamo il dovere morale di riportare i valori che si sono persi: valori smarriti non solo per la vittoria di Craxi o per i Governi Berlusconi, ma perché tutti noi abbiamo compartecipato a creare un sistema malato, incapace di mettere al centro quei valori democratici e morali che invece il PCI, negli anni di Berlinguer, portò avanti senza paura, mostrando la grandezza e la maturità della sinistra italiana.
Dobbiamo farlo noi giovani che viviamo un sistema “turbo-capitalistico” che spesso viene utilizzato come concetto frenante in termini di rimessa al centro dell’azione politica dei valori del socialismo e della democrazia.
Dobbiamo farlo noi giovani che ci ritroviamo in un sistema in cui sembra che il concetto di diritti e quello di privilegi abbiano il medesimo significato e in cui, dunque, parlare della giustizia sociale di cui Berlinguer si fece portatore attivo (subendo anche la pena carceraria) diventa sempre più difficile e utopico.

Tutto questo per alcuni significa tornare indietro, per me significa semplicemente andare avanti in maniera diversa.

Cosa ci insegna Enrico Berliguer?
Inutile ribadire quanto il documentario ci abbia già mostrato: progressismo, laicità e non chiusura verso la religione, compromesso inteso come progetto politico lungimirante e apertura al dialogo verso le altre forze politiche, una antesignana visione dell’Europa che, facendo riferimento all’inizio degli anni ’80, pur essendo composta da soli 10 Stati, pur vivendo ancora sulla scorta dei Trattati di Roma del ’57 e pur avendo conosciuto solo nel 1979 le elezioni dirette del Parlamento Europeo, per il nostro Segretario, era già il baricentro imprescindibile di una politica globale che stava entrando necessariamente in una fase nuova.
Berlinguer, soprattutto, ci insegna che il comunismo non era quello che in tanti, troppi, fanno coincidere con l’ideale sovietico, ma era un ideale che parlava di un mondo libero dallo sfruttamento e dall’oppressione e che vedeva nel lavoro un sinonimo di dignità, autorealizzazione e, appunto, libertà.
Concetti che devono necessariamente essere ancora nostri.
Per me, dire Berlinguer equivale a  dire VISIONE.

Quanto è importante conoscerlo per noi giovani? La risposta, ovviamente, è: TANTO.
Parto da Berlinguer e i giovani: un rapporto forte fin dall’inizio della carriera di Enrico che già nel 1943 divenne Segretario della Sezione giovanile di Sassari.
Nel 1944, dopo che il padre gli presentò Palmiro Togliatti (compagno di scuola di Mario Berlinguer) proprio a Salerno, fece una prima esperienza da funzionario dirigente del lavoro giovanile nella Federazione romana del PCI.
Nel 1949 divenne segretario della rinata Federazione Giovanile Comunista Italiana, fino al 1956 e l’anno successivo, addirittura, divenne segretario della Federazione Mondiale della Gioventù Democratica, l'associazione internazionale dei giovani comunisti.

Cito un discorso eccezionale tenuto nell’ Aprile del 1982 alla Manifestazione giovanile per la Pace a Milano:

“Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c’è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull’ingiustizia.
***
La prima, essenziale, semplice verità che va ricordata a tutti i giovani è che se la politica non la faranno loro, essa rimarrà appannaggio degli altri, mentre sono loro, i giovani, i quali hanno l’interesse fondamentale a costruire il proprio futuro e innanzitutto a garantire che un futuro vi sia…

Berlinguer legava direttamente il ruolo dei giovani alla questione morale: per lui erano i giovani a rappresentare la speranza di uscire da quella situazione; erano i giovani coloro che dovevano rendersi artefici del cambiamento e che dovevano farsi carico di compiere quella che per il Segretario era la Riforma delle Riforme: riportare moralità nella politica.
Riportare i partiti a fare politica, questo era l’obiettivo: nel 1981 disse chiaramente:
“politica si faceva nel ’45, nel ’48 e ancora negli anni’50 e sin verso la fine degli anni ’60. grandi dibattiti, grandi scontri di idee e, certo, anche di interessi corposi, ma illuminati da prospettive chiare, anche se diverse, e dal proposito di assicurare il bene comune….. soprattutto c’era lo sforzo di capire la realta’ del paese e di interpretarla”. Aggiunse  poi: “I partiti di oggi (era l’81) sono macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società delle gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero“…. Sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un “boss” e dei “sotto-boss”. “Tutto è lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire”.
Berlinguer rispondeva a questo stato delle cose propagandando la necessità dell’abbattimento del privilegio, del coinvolgimento e la tutela del cittadino, la necessità di premiare competenze, professionalità e merito per far crescere realmente la cosa pubblica.
In una parola parlava di moralità nelle scelte e nelle azioni; parlava della necessità di mettere in atto i valori e i principi della Costituzione.
A 30 anni di distanza, da giovane, posso dire che il compito che Berlinguer aveva assegnato ai giovani del suo tempo non è stato portato a termine e questo mette sulle nostre spalle il dovere di riuscire.

Le sue sono parole attuali o comunque attualizzabili, ripeto, per tanti motivi: perché abbiamo forse perso del tutto la definizione di Politica (con la P maiuscola); perché oggi la mancanza di meritocrazia genera disillusione e quest’ultima porta a non avere prospettive o forza di immaginare un futuro.
Viviamo nella corruzione e vediamo che il male, la “mentalità mafia” che caratterizza il paese, diviene sempre più endemico e che, in tutto ciò, la politica si dimostra  incapace di creare condizioni di lungo periodo che rendano inaccettabile scendere a compromessi.
Avremmo bisogno di una politica che sappia tutelare i cittadini che rappresenta e non metterli in condizioni surreali e disperate per cui la corruzione e la mafia diventano l’unica ancora di salvataggio e, invece, ci ritroviamo una politica che ragiona di poltrone, di società partecipate, di liste elettorali preconfezionate, del mantenimento dello status quo della “casta”…
Viviamo una politica che è il culmine di tutte le paure nutrite da Berlinguer e la cosa più terribile, a parere mio, è che se la politica è lo specchio della società, allora significa che la società ha raggiunto livelli così bassi che le ragioni di questa situazione hanno radici così profonde da non essere più rintracciabili.
Una politica, insomma, che ha smarrito sé stessa e noi giovani, oggi, ci troviamo schiacciati in una realtà che sa mettere al centro solo le politiche monetarie ed economiche e che relaziona tutto allo spread e alla necessità di politiche di austerità.
Ma è austerità strozzare i cittadini per fare cassa? E’ austerità bloccare lo sviluppo per necessità indotte dalla situazione economica? E’ austerità o l’austerità è un concetto che viene strumentalizzato e che viene abusato per farci mettere in testa che se non si parla di debiti e pareggi di bilancio, ma si parla di diritti, parità, welfare e politiche sociali allora si stia parlando di temi di minor rilievo?

Io credo la seconda e anche qui la lettura che Berlinguer ci lascia è qualcosa di sensazionale.
Era il 15 gennaio del 1977, Teatro Eliseo di Roma. Il Segretario parla di austerità e la definisce OCCASIONE.

“L’austerità non è oggi un mero strumento di politica economica cui si debba ricorrere per superare una difficoltà temporanea, congiunturale, per poter consentire la ripresa e il ripristino dei vecchi meccanismi economici e sociali. Questo è il modo con cui l’austerità viene concepita e presentata dai gruppi dominanti delle forze politiche conservatrici.
Per noi l’austerità è il mezzo per contrastare alle radici e porre le basi del superamento di un sistema che è entrato in una crisi strutturale e di fondo, non congiunturale, di quel sistema i cui caratteri distintivi sono lo spreco e lo sperpero, l’esaltazione dei particolarismi e dell’individualismo più sfrenati, del consumismo più dissennato…..
L’austerità è lotta effettiva contro il dato esistente … e al tempo stesso, premessa, condizione materiale per avviare il cambiamento…
Può essere usata o come strumento di depressione economica, di repressione politica……. Oppure come occasione per uno sviluppo economico e sociale nuovo, per un rigoroso risanamento dello Stato… in una parola: come mezzo di giustizia e di liberazione dell’uomo e di tutte le sue energie oggi mortificate, disperse e sprecate”.

Anche qui Berlinguer, con una capacità di analisi senza eguali, lascia tanto a noi giovani che abbiamo di fronte la nuova crisi e la nuova austerità: il Segretario ci fa capire che essa può essere nuovo inizio e non fine; ci spinge a ideare nuove politiche di ampio respiro che diano possibilità di dare sfogo alla capacità,alla voglia e alla creatività degli italiani. L’Italia poteva e può, doveva e deve ripartire da se stessa, dalle sue potenzialità: e quale potenzialità migliore se non i giovani? Quei giovani che non accedendo al credito, non avevo incentivi all’auto-imprenditorialità, non trovando accesso nel mondo del lavoro, si trovano schiacciati tra un aut-aut che vede da una parte la necessità di avere  spinte per andare avanti e, dall’altra, la fuga da questo paese: sempre di più prevale la seconda opzione e tanti giovani stanno andando a dare qualità e forza ad altri paesi che meglio reagiscono alla crisi.
Per raggiungere tutto questo è necessario rivedere il sistema di sviluppo interno e quali manovre economiche adottare: in questo caso è interessante attualizzare la concezione di uguaglianza del Segretario.
Per farlo potremmo citare Stiglitz, Premio Nobel per l’economia nel 2001, che nell’ultimo libro “The Price of Inequality” afferma chiaramente:
E' la diseguaglianza il vero killer del Pil. Nei paesi dove i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri il Prodotto interno lordo segna il passo e, a volte precipita. Nelle nazioni dove si estende una grande middle class si affaccia invece la prosperità”.

La teoria economica di Stiglitz è un vero modello economico  che, in breve, si fonda sul meccanismo della  c.d. "propensione al consumo": i ricchi ce l'hanno più bassa del ceto medio e, dunque, se la distribuzione del reddito li favorisce, lo shopping, contrariamente a quanto si potrebbe pensare intuitivamente, si deprime.
E' invece il ceto medio a consumare quasi tutto quello che ha in tasca e a spingere Pil ed economia, quando la distribuzione del reddito lo favorisce. 
Tutto questo non per fare una mini-lezione di macroeconomia, ma per dimostrare come le battaglie lanciate dal Segretario siano ancora attuali, aperte e dunque necessariamente da combattere e da vincere.

Ma l’eredità di Berlinguer non finisce qui: Enrico, infatti, che utilizza l’ultimo filo di voce di fronte alla folla gremita di Padova, riesce con forza a farci capire quanto sia fondamentale essere parte attiva della vita politica. Il suo ultimo sforzo, uno sforzo molto più grande del suo corpo esile, dimostra che noi abbiamo il dovere di spendere la stessa forza e la medesima energia per fare politica e per farla in maniera diversa e sempre migliore.
Il Segretario resta un esempio  che deve vivere dentro ciascuno di noi.
Ci lascia con una missione:  dare forza ad una causa, la nostra, “ la causa della pace, della libertà, del lavoro, del progresso…” , e quindi la causa che prevede l’attuazione fattiva di quei principi costituzionali che non devono rimanere soltanto un insieme di belle parole.
Una missione difficile che dobbiamo compiere per noi, per il nostro futuro, per il paese; dobbiamo compierla per e nel suo ricordo, il ricordo di un uomo eterno, di una delle pagine più rare della storia della politica.

Non è finita la politica è cambiato il mondo e con esso la politica che è e deve essere il primo riflesso della società: ma se come per Berlinguer, non è ancora finita la passione, allora dobbiamo tornare a fare politica e farla seriamente e moralmente.


GRAZIE.

giovedì 7 agosto 2014

Nuovo progetto politiche sociali GD Carrara


A causa della crisi, l’aumento del numero di cittadini che vivono sotto la soglia della povertà nella nostra provincia si pone come un problema sempre più grave.

In base alle prime informazioni che ho raccolto mi risulta che nel territorio sono presenti molte ONLUS aventi come obbiettivo primario, o comunque tra i propri obbiettivi, fornire aiuto a chi vive sotto la soglia di  povertà. Queste ONLUS operano per lo più individualmente non coordinandosi sufficientemente tra loro. Dalla mancanza di coordinamento, dovuto principalmente al fallimento di un precedente tentativo di azione collettiva, ne consegue sia una grave perdita in termini di efficienza nella gestione delle risorse sia una riduzione dell’efficacia nel conseguimento dell’obbiettivo comune.
Propongo pertanto ai GD di Carrara di incentivare tutte le ONLUS, così come gli altri soggetti aventi il comune obbiettivo di aiutare i meno agiati, a collaborare ad un nuovo progetto di azione collettiva mediando e facendo da tramite tra le parti, soprattutto nella fase iniziale. In questa prima fase infatti sarà necessario trovare l’equilibrio ottimale tra i ruoli di tutti i partner calcolato in base alle capacità, alle esigenze ed alle possibilità di ogni soggetto coinvolto. Quando si sarà trovato l’equilibrio ottimale e si sarà formata una rete di rapporti stabile, in grado cioè di garantire un perfetto flusso di informazioni ed un elevato grado di fiducia tra tutte le parti coinvolte, partirà una seconda fase del progetto in cui sarà nostro compito aiutare le parti, nei limiti delle nostre capacità, a creare una sorta di “aggregazione di associazioni” che sia in grado di prevenire comportamenti opportunistici chiarendo i vincoli, i compiti, e gli obbiettivi dei soggetti aderenti al progetto. Le forme e i modi in cui quest’aggregazione si costituirà saranno studiati insieme al partito.
Nel futuro prossimo sarà inoltre mio compito informarmi su tutti i possibili benefici che potrebbero essere ottenuti in termini di finanziamenti da parte della Regione, enti locali e dal Fondo Sociale Europeo. Le opportunità  offerte saranno rapportate con le esigenze che maggiormente emergono dall’analisi dei bisogni della realtà locale.
Prossimamente contatterò tutte le aziende potenzialmente interessate al nostro progetto. Ma intanto posso già dire che sarà gradita la collaborazione di tutti i GD Carrara.

Luca Lorenzini,
Responsabile politiche sociali Segreteria comunale GD Carrara.