Come
mi è stato richiesto dal Segretario, Mario Taurino, ho steso una relazione in
merito al problema delle spese militari dello stato italiano, oggi più attuale
che mai.
Senza scadere nei cliché pacifisti
o nella retorica militarista mi limito a considerare come il mantenimento di un
esercito nazionale sia necessario per garantire
l’autodeterminazione, filtrando o limitando pressioni esogene, e per mantenere sicuri e definiti i
confini tra l’interno ed l’esterno della nostra società. Più in particolare, considerando l’Italia in
chiave geopolitica risulta lampante come essa per la sua posizione geografica
centrale nel Mediterraneo, la sua carenza di combustibili fossili sul
territorio nazionale, e gli accordi del Patto Atlantico, sia costretta ad
essere particolarmente attiva sul piano della politica estera e a perorare
talvolta i propri interessi anche con il diretto impiego delle forze armate
sempre nel rispetto del diritto internazionale.
Affronterò separatamente il
problema delle spese militari approfondendo tre differenti punti: gli F35, la
spesa militare italiana in generale, e cosa sia da augurarsi in vista del
summit di dicembre sull’integrazione della difesa europea.
Recentemente sono state sollevate
molte polemiche riguardo i 90 F-35 che il governo italiano intende comprare
alla Lockheed-Martin per modernizzare la propria flotta aerea. Prendo atto che
i nostri attuali aerei sono sul punto di essere dichiarati obsoleti, avendo
alcuni anche più di 30 anni di servizio alle spalle (Tornado, AMX , Harrier II).
Ritengo quindi in linea di massima opportuna la decisione del governo di
modernizzare l’arsenale; tenuto conto però della assai poco florida situazione
patrimoniale del nostro paese e dei tagli che hanno toccato molti settori del
pubblico, inviterei ad una maggiore prudenza sulle spese. Mi spiego: l’F-35 è stato pesantemente criticato da
molti piloti militari americani e dall’ingegnere aerospaziale Pierre Sprey ,
padre del famoso F-16 e dell’A-10, a causa dei suoi non trascurabili difetti.
Mi limiterò a citarne alcuni: l’aereo è altamente infiammabile ed ha una
blindatura talmente leggera da renderlo vulnerabile ai fulmini e persino ai
proiettili di Kalasnikov, il computer di bordo ha un software talmente
complesso da essere soggetto a continui
errori del sistema e a guasti che lo costringeranno a restare a terra
troppo spesso per addestrare efficacemente i piloti; inoltre, a causa di un
errore di progettazione, questo tipo di aereo non può atterrare orizzontalmente
su una portaerei. Faccio presente a questo proposito che l’Italia acquisirebbe
questa fornitura anche per armare la nuova portaerei Cavour. Stando ad alcune informazioni trapelate da
fonti interne della stessa società, oltretutto, la simulazione avrebbe
dimostrato che l’F-16 non sarebbe in grado di competere con il russo Su-35.
Tale aereo è stato presentato
come il meglio che la tecnologia occidentale potesse produrre, studiato per
operare in conflitti asimmetrici, in grado di spostarsi rapidamente sull’obiettivo
e di garantire allo stesso tempo al pilota il più totale controllo dell’aereo
grazie alle sofisticatissime apparecchiature elettroniche. La realtà è ben
diversa. Se quest’aereo può dominare contro eserciti e aviazioni militari mediorientali
di terz’ordine, dobbiamo ricordarci che esistono eserciti forti e aviazioni
militari tecnologicamente avanzate anche fuori dalla NATO che, in caso di
conflitto, potrebbero facilmente eliminare gli F-35 usando contromisure
elettroniche in grado di mettere fuori uso le sofisticate apparecchiature
elettroniche di cui è dotato. In merito all’argomento vi inviterei
a guardare questo video:
Alla luce dei fatti trovo quindi insensato
approvare subito l’acquisto di 90 modelli per un ammontare di 13 miliardi. Più
ragionevole sarebbe sospendere l’operazione di acquisto fino a quando l’aereo
non sarà riprogettato con la collaborazione di tutti i paesi coinvolti
nell’acquisto. Gli accordi attuali stabiliscono invece che i paesi europei
coinvolti contribuiscano solo alla costruzione o all’assemblaggio, lasciando il
progetto alla Lockheed-Martin, spinta dalla ricerca del profitto a produrre un
aereo inutilmente costoso paradossalmente a scapito della qualità.
Per quanto riguarda le spese
militari che l’Italia sostiene in generale ne so troppo poco per esprimere
delle considerazioni valide. Mi limiterò ad esprimere il mio parere. L’Esercito
italiano dispone di molti più uomini di quanti effettivamente possa impiegare
per missioni all’estero (situazione simile al resto dell’Europa). Si potrebbero
ottimizzare i costi mantenendo in servizio solo i militari che possono essere
immediatamente operativi, i nuovi arruolati in fase di addestramento che hanno
sottoscritto il VFP1, e il personale militare indispensabile per il servizio
logistico. Volendo considerare l’ipotesi di un conflitto su larga scala si
potrebbe mantenere un numeroso contingente di riservisti, pagati meno dei
militari di truppa, composto da uomini che hanno sostenuto l’addestramento
militare e, comparendo come civili in tempo di pace sono richiamabili alle armi
solo in caso di conflitto o di periodico aggiornamento dell’addestramento.
In
occasione del summit di dicembre mi auguro che si possa dare una spinta
decisiva in direzione dell’integrazione della difesa europea, in modo da
permettere un notevole risparmio comune a tutti i paesi dell’UE sulle spese
della difesa e così da ottenere un maggiore peso contrattuale e politico nei
confronti dell’alleato Americano. In questa direzione vanno gli importanti
programmi di difesa comuni indipendenti come il progetto Eurofighter, che
sarebbe stato un buon esempio di collaborazione, se i francesi non si fossero
autoesclusi. Vorrei fare presente che in Europa, a causa della scarsa
integrazione dei programmi di difesa, abbiamo cinque programmi di sviluppo per
kit di fanteria contro uno solo negli USA, sette programmi di missili antinave
contro uno negli USA, e quattro programmi di carri armati contro uno negli USA.
Tutto questo realizzato con costi alti da parte dei singoli stati, costi che
potrebbero diminuire con progetti realizzati in sinergia. Se si superasse
questo antiquato e conservatore spirito nazionalista e particolarista, comune
ai sostenitori dell’Europa dei popoli, si potrebbe ottenere un considerevole
risparmio nella spesa pubblica, compiendo così un altro importante passo in
direzione di un’Europa federale.
Luca
Lorenzini, GD Carrara.