sabato 20 luglio 2013

F35, spesa militare italiana e Summit sull'integrazione della Difesa Europea.



Come mi è stato richiesto dal Segretario, Mario Taurino, ho steso una relazione in merito al problema delle spese militari dello stato italiano, oggi più attuale che mai. 

Senza scadere nei cliché pacifisti o nella retorica militarista mi limito a considerare come il mantenimento di un esercito nazionale sia necessario  per garantire l’autodeterminazione, filtrando o limitando pressioni  esogene, e per mantenere sicuri e definiti i confini tra l’interno ed l’esterno della nostra società.  Più in particolare, considerando l’Italia in chiave geopolitica risulta lampante come essa per la sua posizione geografica centrale nel Mediterraneo, la sua carenza di combustibili fossili sul territorio nazionale, e gli accordi del Patto Atlantico, sia costretta ad essere particolarmente attiva sul piano della politica estera e a perorare talvolta i propri interessi anche con il diretto impiego delle forze armate sempre nel rispetto del diritto internazionale. 
Affronterò separatamente il problema delle spese militari approfondendo tre differenti punti: gli F35, la spesa militare italiana in generale, e cosa sia da augurarsi in vista del summit di dicembre sull’integrazione della difesa europea.
Recentemente sono state sollevate molte polemiche riguardo i 90 F-35 che il governo italiano intende comprare alla Lockheed-Martin per modernizzare la propria flotta aerea. Prendo atto che i nostri attuali aerei sono sul punto di essere dichiarati obsoleti, avendo alcuni anche più di 30 anni di servizio alle spalle (Tornado, AMX , Harrier II). Ritengo quindi in linea di massima opportuna la decisione del governo di modernizzare l’arsenale; tenuto conto però della assai poco florida situazione patrimoniale del nostro paese e dei tagli che hanno toccato molti settori del pubblico, inviterei ad una maggiore prudenza sulle spese. Mi spiego:  l’F-35 è stato pesantemente criticato da molti piloti militari americani e dall’ingegnere aerospaziale Pierre Sprey , padre del famoso F-16 e dell’A-10, a causa dei suoi non trascurabili difetti. Mi limiterò a citarne alcuni: l’aereo è altamente infiammabile ed ha una blindatura talmente leggera da renderlo vulnerabile ai fulmini e persino ai proiettili di Kalasnikov, il computer di bordo ha un software talmente complesso da essere soggetto a continui  errori del sistema e a guasti che lo costringeranno a restare a terra troppo spesso per addestrare efficacemente i piloti; inoltre, a causa di un errore di progettazione, questo tipo di aereo non può atterrare orizzontalmente su una portaerei. Faccio presente a questo proposito che l’Italia acquisirebbe questa fornitura anche per armare la nuova portaerei Cavour.  Stando ad alcune informazioni trapelate da fonti interne della stessa società, oltretutto, la simulazione avrebbe dimostrato che l’F-16 non sarebbe in grado di competere con il russo Su-35.
Tale aereo è stato presentato come il meglio che la tecnologia occidentale potesse produrre, studiato per operare in conflitti asimmetrici, in grado di spostarsi rapidamente sull’obiettivo e di garantire allo stesso tempo al pilota il più totale controllo dell’aereo grazie alle sofisticatissime apparecchiature elettroniche. La realtà è ben diversa. Se quest’aereo può dominare contro eserciti e aviazioni militari mediorientali di terz’ordine, dobbiamo ricordarci che esistono eserciti forti e aviazioni militari tecnologicamente avanzate anche fuori dalla NATO che, in caso di conflitto, potrebbero facilmente eliminare gli F-35 usando contromisure elettroniche in grado di mettere fuori uso le sofisticate apparecchiature elettroniche di cui è dotato. In merito all’argomento vi  inviterei  a guardare questo video:
Alla luce dei fatti trovo quindi insensato approvare subito l’acquisto di 90 modelli per un ammontare di 13 miliardi. Più ragionevole sarebbe sospendere l’operazione di acquisto fino a quando l’aereo non sarà riprogettato con la collaborazione di tutti i paesi coinvolti nell’acquisto. Gli accordi attuali stabiliscono invece che i paesi europei coinvolti contribuiscano solo alla costruzione o all’assemblaggio, lasciando il progetto alla Lockheed-Martin, spinta dalla ricerca del profitto a produrre un aereo inutilmente costoso paradossalmente a scapito della qualità.
Per quanto riguarda le spese militari che l’Italia sostiene in generale ne so troppo poco per esprimere delle considerazioni valide. Mi limiterò ad esprimere il mio parere. L’Esercito italiano dispone di molti più uomini di quanti effettivamente possa impiegare per missioni all’estero (situazione simile al resto dell’Europa). Si potrebbero ottimizzare i costi mantenendo in servizio solo i militari che possono essere immediatamente operativi, i nuovi arruolati in fase di addestramento che hanno sottoscritto il VFP1, e il personale militare indispensabile per il servizio logistico. Volendo considerare l’ipotesi di un conflitto su larga scala si potrebbe mantenere un numeroso contingente di riservisti, pagati meno dei militari di truppa, composto da uomini che hanno sostenuto l’addestramento militare e, comparendo come civili in tempo di pace sono richiamabili alle armi solo in caso di conflitto o di periodico aggiornamento dell’addestramento.
In occasione del summit di dicembre mi auguro che si possa dare una spinta decisiva in direzione dell’integrazione della difesa europea, in modo da permettere un notevole risparmio comune a tutti i paesi dell’UE sulle spese della difesa e così da ottenere un maggiore peso contrattuale e politico nei confronti dell’alleato Americano. In questa direzione vanno gli importanti programmi di difesa comuni indipendenti come il progetto Eurofighter, che sarebbe stato un buon esempio di collaborazione, se i francesi non si fossero autoesclusi. Vorrei fare presente che in Europa, a causa della scarsa integrazione dei programmi di difesa, abbiamo cinque programmi di sviluppo per kit di fanteria contro uno solo negli USA, sette programmi di missili antinave contro uno negli USA, e quattro programmi di carri armati contro uno negli USA. Tutto questo realizzato con costi alti da parte dei singoli stati, costi che potrebbero diminuire con progetti realizzati in sinergia. Se si superasse questo antiquato e conservatore spirito nazionalista e particolarista, comune ai sostenitori dell’Europa dei popoli, si potrebbe ottenere un considerevole risparmio nella spesa pubblica, compiendo così un altro importante passo in direzione di un’Europa federale.

Luca Lorenzini, GD Carrara.

martedì 16 luglio 2013

IL LAVORO PRIMA DI TUTTO.TRA OFFERTA E DOMANDA.

Disoccupazione al 12,2%- quella giovanile è intorno al 38,5- 3 milioni 140 mila il numero di italiani senza lavoro, consumi in picchiata con un restringimento sugli acquisti di beni primari come pane, latte, formaggi e carne. Questa è l’ Italia oggi. Un paese fortemente in difficoltà che evidenzia come la crisi non sia passata e le politiche di rigore imposte dall’ Europa ci abbiano impoverito aumentando il divario ricco-povero, dimenticandosi delle fasce più deboli della società, facendo sparire il ceto medio e negando il futuro dei giovani. Ma una piccola inversione di rotta in questi ultimi giorni c’ è stata, grazie anche al Presidente del Consiglio Enrico Letta che in Europa ha saputo giocare al meglio l’ opportunità di tornare a parlare di lavoro: i 6 miliardi da destinare al c.d Youth Guarantee e al programma di lotta alla disoccupazione sono diventati complessivamente 9, di cui 1 miliardo e mezzo per il nostro paese –nel biennio 2014-2015 un miliardo. Importante possibilità dunque per dare respiro a un economia ferma e ristagnante. Esempio ulteriore che non può non essere citato, pur con le sue pecche e le sue mancanze, è il pacchetto lavoro del governo Letta che promette l’inserimento nel mercato del lavoro di giovani tra i 18 e 29 (con uno dei tre requisiti richiesti ossia disoccupato da almeno 6 mesi o con titolo di studio di licenza media o che abiti da solo ma con qualcuno a carico) grazie ad incentivi per stabilizzare l’occupazione – particolare riguardo al sud dove si parla di stanziare 500 milioni tra il 2013 e il 2016. Il pacchetto prevede per le aziende interessate un incentivo fino a 650 euro per lavoratore per 18 mesi che diventano 12 mesi nel caso di passaggio da contratto a tempo determinato a indeterminato; vengono ridotti i tempi di pausa tra un contratto e l’ altro (come prima della riforma Fornero) a 10-20 giorni a seconda della durata del contratto; fondi fino a 22 milioni per incentivare l’ assunzione di lavoratori disabili- negli ultimi anni erano stati cancellati; prevede inoltre aiuto per chi assume un lavoratore disoccupato e una risorsa di 150 milioni destinati ai tirocini dei c.d Neet; ossia quei giovani che non lavorano e non studiano e non partecipano a nessuna attività di formazione. Sicuramente la direzione presa dal Governo, non si può negare, è quella giusta. Ma focalizzare l ‘attenzione esclusivamente sull’ offerta di lavoro non basta. Tra Gennaio e Marzo 150 mila attività hanno cessato. I commercianti, gli artigiani e gli imprenditori sono in difficoltà. Chiudere un’ attività vuol dire negare un lavoro. Se non si capisce che bisogna produrre occupazione concentrandosi sulla domanda che manca, un pacchetto come quello del Governo Letta è inutile. In questo periodo storico di recessione la soluzione, a mio avviso, potrebbe essere orientarsi verso politiche di tipo keynesiano e guardare agli investimenti pubblici, alle infrastrutture creando cosi le condizioni attraverso la mano pubblica di sollecitare gli investimenti privati. Non è il momento di restringere la spesa pubblica, ma nel caso di aumentarla. Tornare a mettere in primo piano il lavoro, l’occupazione e i giovani non è solo una necessità, ma un dovere per il futuro del nostro paese.


Giuliani Claudia

lunedì 8 luglio 2013

DOCUMENTO SULLE POLITICHE COMMERCIALI DEI GIOVANI DEMOCRATICI CARRARA.


Oggi, in Italia, le difficoltà per i giovani di entrare nel mondo del lavoro sono enormi e, sfortunatamente, diffuse in ogni settore produttivo.
Durante la campagna elettorale 2013, i Giovani Democratici Toscana hanno deciso di intraprendere un’iniziativa che prevedeva un giro in ogni città della regione con lo scopo di parlare con disoccupati, lavoratori, imprenditori etc… a seconda delle peculiarità di ciascun territorio.
Nella tappa fatta a Carrara, in data 14 Febbraio, noi Giovani Democratici Carrara abbiamo deciso di dare voce ai problemi dei giovani imprenditori sottolineando le loro difficoltà derivanti sia da politiche nazionali errate (abbiamo analizzato in particolare il problema dell’accesso al credito) sia quelle derivanti dal difficile rapporto venutosi a creare tra la nostra città e i commercianti (intendendo con tale termine l’intera categoria e non solo i più giovani).
Da quel giorno, dopo aver capito la delicatezza del problema, abbiamo imboccato la strada di una stretta collaborazione con i “Giovani Imprenditori” della Confcommercio di Massa Carrara con una duplice finalità: da una parte, per poter affrontare a 360° il tema delle politiche commerciali, dall’ altra, per poter formulare proposte capaci di ridare nuova linfa al tessuto delle attività produttive locali.
Il nostro obiettivo primario è proprio quello di dimostrare che solo attraverso un costante lavoro sinergico tra il partito (e più in generale la totalità delle forze politiche impegnate nell’amministrazione della città) e le associazioni di categoria sia possibile sviluppare politiche di lungo periodo che possano ristabilizzare una situazione del tessuto commerciale ormai disastrosa e in continua caduta libera: l’amministrazione da parte sua, dovrà iniziare a pensare ad aperture adeguate a favore dei commercianti (ferme restando le necessità cittadine e le possibilità economiche) e questi ultimi, dal canto loro, dovranno accettare il fatto che solo attraverso il dialogo si potranno creare condizioni che siano sempre più ottimali per le loro attività e per la città nella sua interezza; una sorta di do ut des tra le parti.

Premesso questo proponiamo alcuni punti nati in questi mesi di lavoro:

1)      PIANO DEL COMMERCIO
Riteniamo non differibile la necessità di strutturare in via definitiva un “PIANO DEL COMMERCIO” capace di creare una regolamentazione che possa investire tutte le attività.
Un banale esempio, per capire l’importanza di questo piano a lungo termine, è costituito dalla regolamentazione delle tipologie di dehors che porterebbe a una omogeneizzazione dell’aspetto degli esercizi e, dunque, un netto miglioramento del c.d. ‘decoro urbano’(tale argomento è affrontato nel regolamento edilizio emanato dal comune);  in generale riteniamo necessario dare una forte impronta al commercio locale sia dal punto di vista della qualità sia da quello della logistica: altri esempi possono essere una delimitazione di eventuali ZTL non con semplici transenne ma con strumenti alternativi che costituiscano un arredo urbano decoroso, nonché una concertazione con i residenti che comunque dovranno capire, o meglio accettare, la vocazione turistica del nostro territorio.

2)      AGEVOLAZIONI
L’appena citato “Piano del Commercio” sarà il passo preliminare e necessario per poter iniziare a pensare a un sistema di AGEVOLAZIONI che favoriscano le attività.
Ferma restando la necessità di un rapporto totalmente diverso tra l’amministrazione e i commercianti (rappresentati naturalmente dalle associazioni di categoria) che veda un costante ‘dare-avere’, da ambo le parti, finalizzato al miglioramento oggettivo della situazione carrarese, riteniamo che il primo passo debba essere svolto dall’amministrazione proprio  attraverso lo studio di agevolazioni fiscali sulle tassazioni locali come, per esempio,TARES (e rimandiamo a questo riguardo al nostro documento sulle politiche sociali, con particolare riferimento alle manovre riguardanti l’eliminazione delle slot machines), ICA eTOSAP (vi è una delibera in merito ad agevolazioni sulla ex Tarsu emanata dalla passata amministrazione riguardante gli esercizi, che però si basa su termini qualitativi sia dal punto di vista estetico che di servizi offerti dai vari locali: sconto del 50% della Tarsu per 2 anni a chi aderisce).
E’ evidente che il suddetto sistema di agevolazioni dovrà essere strutturato in maniera tale per cui le casse comunali non abbiano ulteriori perdite, tenendo ben presente, però, il significato e il peso che potrebbe assumere un sistema commerciale attivo e funzionante all’interno del tessuto economico urbano.
Tale manovra potrebbe essere il miglior modo di abbattere quel vero e proprio ‘muro’ creatosi tra politica e imprenditoria che non permette, da tempo, un dialogo fruttifero e che, anzi, ha portato a risultati davvero disastrosi.

3)      LE POTENZIALITÁ DI CARRARA IN RELAZIONE ALLA “MOVIDA” E AL TURISMO.
Alla luce dei tanti problemi di ordine pubblico verificatisi nel tempo, specie in orari serali e notturni, comprendiamo a fondo la necessità dell’amministrazione di cercare soluzioni atte a risolvere le problematiche in questione; al contempo, però, riteniamo che sia doveroso rivedere la situazione della ‘movida’ carrarese, sfruttando anche le straordinarie potenzialità territoriali che possono, senza ombra di dubbio, attrarre quantità enormi di turisti (specie nel periodo estivo) e giovani (nell’arco dell’intero anno).
Carrara registra nel corso di ogni weekend, specie nella fascia oraria notturna, un vero e proprio esodo dei giovani che vanno a popolare zone a noi contigue come la Versilia, Marina di Massa o Sarzana: crediamo che tale situazione sia incresciosa e poco funzionale per la nostra città che potrebbe offrire uno scenario totalmente diverso.
Ferma restando la necessità di rispettare la quiete pubblica e il decoro in funzione dei residenti, riteniamo che sarebbe opportuno iniziare a ispirarsi a modelli vincenti che sono ubicati a pochi chilometri da noi, come la stessa Sarzana o Pietrasanta.
Sicuramente limitare sia la vendita degli alcolici sia la possibilità di fare musica oltre una certa ora non sono i migliori modi per ridare lustro alla movida carrarese e anzi appaiono come due letture estremamente superficiali della situazione: a nostro parere, i tanti disordini che si susseguono sono spesso frutto di una situazione di degrado e abbandono che si viene a creare in determinate fasce orarie che coincidono con l’esodo di cui poco prima parlavamo.
Lo studio di zone dedicate, con strutture aggregative, riteniamo che possa essere il primo passo utile per riprendere sotto controllo una situazione che ci sta sempre più sfuggendo di mano.
Questo tema, come prima si accennava, è fortemente legato anche al tema del turismo: il leitmotiv in questione è l’evidente incapacità di sfruttare al 100% un territorio straordinario, scandito da montagne e mare, che porta sia i nostri abitanti a preferire altre zone in cui ‘spendere’, che spinge i ragazzi a ‘vivere la notte’ in luoghi lontani dai nostri centri (con riferimento a Marina e Carrara centro) e che porta i turisti in ben altre località.
Nello specifico ci sentiamo di proporre, con particolare riferimento al nostro centro storico, una sorta di legame stretto e permanente tra turismo, commercio e cultura in modo da offrire agli utenti uno o più prodotti di qualità con un appeal più ampio al fine di differenziare l’offerta e allargare il più possibile il bacino di utenti da accogliere.
A riguardo del turismo, per esempio, pensiamo che sia necessario nel periodo estivo rivedere gli orari degli esercizi posticipando l’apertura nel tardo pomeriggio e di conseguenza la chiusura nella tarda serata. Siamo ben consci che in questo caso le liberalizzazioni darebbero poca incidenza a una potenziale scelta amministrativa, ma riteniamo anche che un rapporto sinergico di dialogo costante tra politica e commercianti potrebbe portare a un tavolo a riguardo del tema e dare risultati molto positivi.

Concludendo (e facendo riferimento all’intera linea programmatica da noi redatta) possiamo dire che la nostra volontà è quella di lavorare e proporre per poter arrivare ad una seria rivalutazione del territorio da un punto di vista dell’ambiente, da un punto di vista della cultura e, in questo caso, da un punto di vista del tessuto commerciale: ciò porterà a un diverso rapporto tra cittadini e città, nonché a un deciso miglioramento del settore turistico in una zona unica al mondo come la nostra.


IL SEGRETARIO DEI GD CARRARA,  MARIO TAURINO;

IL RESPONSABILE ALLE POLITICHE COMMERCIALI DELLA
SEGRETERIA GD CARRARA,  DANIELE CIOLI;

I GIOVANI DEMOCRATICI DEL COMUNE DI CARRARA.

lunedì 1 luglio 2013

.........Nuove proposte targate GD Carrara......

Il tema del rapporto tra “base” e circoli territoriali è centrale e, allo stesso tempo, estremamente delicato.
Attualmente, i circoli del Partito Democratico sono organizzati su base territoriale avendo, almeno in teoria, la funzione di raccogliere le istanze e i problemi concreti del territorio e portarli negli organi dirigenti del Partito. In altre parole, avrebbero la funzione di “antenne” locali.
Tale meccanismo però è, oggettivamente, entrato in crisi da diversi anni, i circoli faticano sempre più a raccogliere adesioni e a svolgere una concreta attività “politica”.
Occorre quindi chiedersi, se non sia il caso di ripensare struttura e funzioni dei circoli, atteso che non è ipotizzabile né auspicabile una rinuncia a queste strutture di base.
Pensiamo che sia possibile ipotizzare, quantomeno nelle realtà locali più grandi e strutturate, una ristrutturazione fondata su circoli tematici anziché esclusivamente territoriali.
In altre parole, anziché discutere di partito leggero o pesante, solido o fluido, crediamo sia maggiormente utile discutere dell’opportunità di cambiare la funzione dei circoli di base. il fine è quello di ottenere una maggiore attenzione ai temi concreti, e una maggiore capacità di influenzare i lavori e le decisioni degli organi dirigenti del partito.
Crediamo che, in questo modo, si agevoli anche il lavoro dei dirigenti locali i quali possono contare su una struttura più efficiente, preparata e adatta ad affrontare seriamente i problemi.
Crediamo che quello dei “circoli tematici” possa essere uno spunto di riflessione dal quale partire per confrontarsi sulla struttura del partito del futuro. Un primo punto di partenza potrebbe essere, secondo noi, la creazione di un circolo tematico dedicato alle politiche giovanili.


Il responsabile alla comunicazione della segreteria GD Carrara,  
Michele Vanolli.