venerdì 31 maggio 2013

PROGETTO POLITICHE AMBIENTALI DEI GD CARRARA.

Le politiche ambientali hanno un’importanza fondamentale ed è per questo motivo che, come gruppo GD Carrara, non abbiamo potuto fare a meno di rivolgere particolare attenzione a questo ambito: siamo ben consci del fatto che, ad oggi, la sensibilità della politica a riguardo del tema sia scarsa ma crediamo che, al contrario, un incremento di attenzione e l’attuazione di politiche ambientali serie e strutturate siano elementi necessari, capaci sia di ridare lustro al nostro paese (che potrebbe trovare nuovo vigore nella tutela delle ricchezze del proprio paesaggio) sia di portare a un miglioramento netto della qualità della vita della nostra popolazione.
Riteniamo, inoltre, necessario che il nostro partito renda proprio il tema dell’ambiente: abbiamo il dovere di essere “piloti” anche in questo caso e il fatto che il nostro Andrea Orlando abbia in mano il Ministero dell’Ambiente dev’essere ulteriore stimolo per proporre e lavorare in quest’area.
Concentrandoci sul nostro territorio, a seguito degli eventi calamitosi avvenuti nel mese di Novembre 2012, abbiamo ritenuto opportuno approfondire il problema sempre più allarmante del rischio idrogeologico: oltre ad affrontare diverse  discussioni  all’interno dei circoli del Partito Democratico locale sugli accadimenti sopracitati, la nostra idea consiste nel trovare possibili soluzioni capaci di valorizzare il nostro territorio, diminuendone la fragilità idrogeologica.
Analizziamo le maggiori criticità emerse da tali discussioni.
1)      In quasi tutti gli interventi dei nostri militanti è emerso un fattore comune (che abbiamo già accennato precedentemente) e cioè la mancanza di sensibilità a riguardo dell’ambiente. In generale, abbiamo constatato: carenze da parte delle amministrazioni che si sono succedute; una scarsa informazione sulla situazione ambientale e sulle reali potenzialità delle fonti di energia alternativa; la necessità di lavorare affinché anche l’istruzione possa trovare nuovi strumenti per creare un vero e proprio background culturale sull’ambiente e, infine,  l’urgenza di ridare “respiro” all’ambiente, poiché il tema è in stretta relazione con la salute e, dunque, con la nostra vita.

2)      Anche se gli eventi climatici verificatisi nello scorso Novembre hanno registrato quantità di pioggia da record, abbiamo constatato che sia ormai insensato parlare di totale eccezionalità di questi fenomeni, poiché essi si ripetono quasi ciclicamente almeno una volta all’anno: a nostro parere, e secondo quello di molti altri, sarebbe più opportuno parlare di “regolarità di eventi anomali”; nello specifico i dati delle alluvioni di Novembre sono allarmanti poiché nell’arco di sole due settimane i dati registrati sono i seguenti: con l’alluvione dell’ 11/12 Novembre si sono avute punte di oltre 280 mm di pioggia caduta nell’arco di 4 ore; durante quella del 27/28 Novembre, invece, la stazione CFR di Carrara ha registrato 183 mm di pioggia caduta in poco meno di due ore (e la vicina stazione di della rete amatoriale di meteoapuane.it ha registrato valori pressoché identici). Durante l’evento sono stati registrati dei picchi di rain rate (che misura la velocità di accumulo in mm/h di pioggia) compresi tra i 300 e i 500 mm/h. Tirando le somme, nel giro di soli 15 giorni (e forse questo è il dato maggiormente sensazionale) sono caduti 494.5 mm a fronte di una media annua di circa 1200 mm[1].
Premesso questo, risulta essere quasi naturale la necessità di una programmazione a lungo termine da un punto di vista degli investimenti, che vada dalla zona monti a quella a mare. Diciamo questo per diversi motivi: in prima istanza, confrontando i costi di messa in sicurezza con quelli di prevenzione è evidente che i secondi permetterebbero eccezionali risparmi; in secondo luogo, la messa in sicurezza non basta specie se l’area è a elevato rischio, non dimenticando il fatto che Carrara, a prescindere da alluvioni eccezionali, è riconosciuta come una delle zone più piovose d’Italia. Naturalmente siamo consci sia del livello di urbanizzazione attuale sia dell’impossibilità di tornare totalmente indietro e per questo vogliamo mettere in luce l’impellente necessità di bloccare l’urbanizzazione coatta del territorio e dove possibile procedere alle stombature. Sarebbe, dunque, doveroso incentivare il recupero del patrimonio edilizio esistente, senza andarvi oltre. Un esempio: la zona di Avenza, più bassa di Marina, è paludosa e riteniamo che sia paradossale continuare a cementificare.

3)      Necessità di una manutenzione costante di corsi d’acqua principali e secondari, canali e fossi. Dalle discussioni sono emersi i deficit della rete fognaria e riteniamo che un intervento anche in questo senso non sia ulteriormente rimandabile.

4)      Rivalutazione del paesaggio come volano della ripresa economica e stimolo per il turismo. In particolare è emersa la proposta di ripartire da una rivalutazione dei percorsi montani che possono divenire un fiore all’occhiello della nostra città.

5)      Abbiamo voluto focalizzarci sulla parte a monte del nostro territorio che, nel corso degli anni, ha subito un lento e costante abbandono sia politico che ambientale, a cui ha fatto seguito un rapido degrado che incide su una zona che, per cause naturali (morfologia del territorio) e antropiche (cave di marmo), è a forte rischio idrogeologico: ciò l’ha resa una vera e propria “bomba a orologeria”.
Uno dei maggiori effetti causati dal degrado e dall’incuria in cui versa il nostro territorio (in particolare l’area boschiva) è un’aumentata incidenza di fenomeni di dissesto del suolo: alla luce di questo, è quanto mai importante che si ricominci (o si inizi seriamente) a pensare a delle politiche che prevedano un completo recupero di queste aree, al fine di limitare i danni causati da fenomeni meteo estremi, poiché tali danni si ripercuotono, nel tempo, su tutto il nostro territorio. Chiaramente in un periodo di grave crisi economica come quello che stiamo vivendo, in cui il trasferimento di fondi dallo stato ai vari livelli amministrativi è ridotto all’osso, risulta difficile pensare a delle politiche di recupero e valorizzazione ambientale completamente a carico di questi ultimi; per questo motivo, abbiamo pensato che sia necessario dare vita ad una collaborazione pubblico – privato, capace di incentivare la nascita di piccole realtà lavorative come, per esempio, cooperative agricole gestite da giovani: in questo modo si riuscirebbe a unire il recupero del nostro patrimonio ambientale montano (in particolare la fascia collinare) con una concreta possibilità di creare un piccola rete economica locale capace, a sua volta, di creare opportunità lavorative.
Nello specifico la collaborazione pubblico-privato potrebbe coinvolgere le imprese del territorio e associazioni private.
Oltre alla sopracitata collaborazione, altra risorsa potrebbe essere la fruizione di cofinanziamenti europei dedicati a questo specifico settore o, altrimenti, sfruttare al meglio le tante risorse ripartite dalla Regione alle comunità locali: il punto di partenza, comunque, resta il medesimo e cioè la necessità di un cambio di passo della politica nei riguardi del tema ambientale; una volontà politica nuova che possa tradursi in progettualità e in un impegno concreto, nonché nel massimo sostegno nei confronti di quei privati che vorranno investire in questo settore.


6)      Altre proposte:
I)                   Compostaggio.
Partiamo da un presupposto importante: Circa il 30% del volume dei rifiuti conferito in discarica è rappresentato dall’umido ed è questo il motivo principale per cui esso deve essere riciclato.
La migliore soluzione per lo smaltimento dei rifiuti umidi è il compostaggio, che contribuisce a risolvere 2 gravi problemi:
-          lo smaltimento del rifiuto umido;
-          il progressivo impoverimento di sostanze organiche nei suoli agricoli, causato dall'utilizzo intensivo del suolo.

Il compostaggio è un processo in cui i residui organici sono trasformati in compost dai batteri già presenti naturalmente e porta alla formazione di un ottimo ammendante agricolo.
Per ottenere compost di qualità, le fasi del compostaggio devono essere seguite, facendo attenzione ad alcuni parametri come la temperatura, l’umidità, l’ossigenazione: il controllo di questi parametri è fondamentale per l’attività microbica che consente la degradazione biologica della sostanza organica.

Utilizzo
: il compost può essere reimpiegato nell’orto o giardino di casa e in agricoltura; il suolo ha sempre più bisogno di sostanze organiche per riacquistare l’equilibrio perduto.

Quali scarti è possibile conferire nel rifiuto umido: molto spesso pensiamo solo alla verdura andata a male o alle bucce della frutta, ma, in realtà, le sostanze ascrivibili tra quelle umide sono molte di più, in particolare:

- scarti di cucina

- avanzi di cibo

- alimenti avariati

- gusci d’uovo

- scarti di verdura e frutta

- fondi di caffè

- filtri di the

- escrementi, lettiere di piccoli animali domestici

- fiori recisi e piante domestiche

- pane vecchio

- salviette di carta unte

- ceneri spente di caminetti

- piccole ossa e gusci di cozze

L'ultimo elemento da tenere presente è che lo smaltimento del rifiuto umido, attraverso il compostaggio, rende più facile recuperare i materiali “secchi” utili al riciclaggio quali carta, vetro, plastica, metalli, ecc. che non vengono più mescolati con l'umido e sono più semplici da dividere.

Come smaltire l'umido: la proposta è quella di distribuire gratuitamente ai cittadini che ne facciano richiesta un bidone per il compostaggio da 310 litri (vedi progetto del comune di Massa), corredato materiale informativo per il corretto utilizzo.

II)                Recupero Oli esausti
L’olio usato è un pericoloso inquinante, sia che si tratti di lubrificanti per i motori di auto, moto o veicoli industriali sia che si tratti di olio vegetale usato in cucina per friggere o per conservare gli alimenti: è necessaria una corretta procedura di raccolta e smaltimento, seguita da una possibile rigenerazione capace di dare il là a nuovi utilizzi.
Per garantire tutto questo esistono due consorzi nazionali: il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati che, da 28 anni, garantisce in tutta Italia la raccolta e il riutilizzo dell’olio lubrificante usato; in secondo luogo, sugli oli a uso alimentare, ha competenza (dal 1998) il Consorzio obbligatorio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti, che assicura su tutto il territorio nazionale il trasporto, lo stoccaggio, il trattamento e il recupero della filiera di oli e grassi esausti ai fini ambientali a tutela della salute pubblica e per diminuire progressivamente la dispersione, riducendo così l’inquinamento.

I pericoli legati al cattivo smaltimento: l’olio motore è un rifiuto pericoloso e, se smaltito in modo scorretto o impiegato in maniera impropria, può essere altamente inquinante.
Se viene versato sul terreno impedisce all’acqua di raggiungere le radici capillari delle piante, impedendo l’assunzione delle sostanze nutritive e può raggiungere la falda freatica formando uno strato che si sposta con la falda stessa e può raggiungere pozzi di acqua potabile causando gravi conseguenze alla salute pubblica.
Se disperso in acqua, invece, crea una patina sottile e impermeabile che impedisce alla flora e alla fauna sottostante di respirare: 4 chili di olio usato se versati in mare inquinano una superficie grande come un campo di calcio.
Se, invece, viene bruciato impropriamente, l’olio usato immette nell’atmosfera sostanze tossiche inquinanti in grado di determinare intossicazioni e malattie.
L’olio di frittura usato, al contrario di quanto si potrebbe pensare, ha tempi di degradazione in natura che sono piuttosto lunghi e quindi dannosi per l’ecosistema: se disperso tramite gli scarichi e le fognature di casa, va a inquinare l’acqua impedendo ai raggi solari di penetrare causando ingenti danni all’ambiente (un chilo di olio di frittura esausto, può rendere non potabile l’acqua delle falde, arrecando gravi danni anche al funzionamento dei depuratori; se smaltito nel terreno ha le stesse conseguenze dell'olio motore)
Per questi motivi sia gli oli usati per i motori che quelli usati in cucina devono essere smaltiti in maniera appropriata, raccolti in contenitori opportuni e non gettati semplicemente nei bidoni della raccolta indifferenziata: la loro raccolta e il loro trattamento al fine del recupero devono essere svolti da aziende specializzate che fanno capo ai due Consorzi nazionali.

Come viene recuperato l'olio usato: la raccolta di olio usato non contribuisce solo alla protezione dell’ambiente.
Occorre, infatti, considerare anche i vantaggi economici: gran parte del lubrificante raccolto viene utilizzato negli impianti di rigenerazione come materia prima per produrre nuovo olio base - con le stesse caratteristiche di quello originario - gasolio, combustibile e bitume.
L’olio usato non rigenerabile viene, invece, inviato a impianti industriali autorizzati - principalmente cementifici - dove è utilizzato come combustibile, in sostituzione soprattutto di carbone e coke.
L’olio usato ha potere calorifico di 9.500 kcal/kg, simile a quello del normale olio combustibile. Solo una piccolissima parte di olio non riutilizzabile (pari allo 0,2% del totale), perché irrimediabilmente inquinato, viene avviata a termodistruzione, che viene svolta rispettando le normative vigenti sulle emissioni inquinanti in atmosfera.
La rigenerazione ha anche un alto rendimento: da 100 kg di olio usato si possono ottenere circa 65 kg di olio base rigenerato e 20/25 kg di gasolio e bitume, consentendo così un risparmio significativo sulla bolletta energetica italiana. Infatti circa il 25% del mercato delle basi lubrificanti in Italia è costituito da basi rigenerate.

In sintesi, il riutilizzo dell’olio lubrificante usato ha consentito un risparmio complessivo sulle importazioni di petrolio del Paese di circa 2,9 miliardi di euro: in questo specifico settore l’Italia è leader europea con una percentuale degli oli rigenerabili pari all'88,6% (per intenderci: la Germania è al 26% mentre la Francia raggiunge il 44%).

Come effettuare la raccolta: nonostante questa attenzione, testimoniata dai dati, non esistono modalità omogenee sul territorio nazionale di raccolta degli oli vegetali usati.
Sono presenti diverse possibilità di raccolta differenziata per i cittadini ma ogni azienda sceglie diverse metodologie. In generale è opportuno che i cittadini raccolgano in recipienti l’olio usato per la cottura, quello presente nei barattoli di verdura sott’olio ma anche quello nelle scatole di tonno. In alcuni casi i contenitori più adatti (per lo più taniche) vengono forniti dalle aziende locali di raccolta rifiuti ma possono essere anche richiesti alle aziende che effettuano per conto del CONOE la raccolta e il trattamento degli oli esausti.

La nostra proposta è di studiare la possibilità di installare bidoni per la raccolta degli oli su tutto il territorio comunale accanto alla distribuzione ai cittadini delle taniche o brocche per la raccolta casalinga degli oli.
Anche in questo caso è necessaria una campagna di sensibilizzazione dei cittadini rispetto alle problematiche legate al cattivo smaltimento degli oli e all'utilizzo dei bidoni e dei contenitori.
Sarebbe utile capire insieme ad AMIA o chi per lei se il comune può avere un ritorno economico dal corretto smaltimento e riciclo/rigenerazione degli oli.



7)      Nelle discussioni sono emersi sia progetti a cui potersi ispirare sia progetti iniziati e mai conclusi.
Nella prima categoria possiamo inserire, per esempio, il progetto pilota della Lunigiana, svolto insieme alla Regione Toscana, con cui si rovescia completamente il sistema urbanistico classico: valutare cosa sia fattibile in base allo stato di ‘salute’ dell’ambiente; inoltre, tale progetto pone come cardine la valorizzazione proprio del patrimonio boschivo.
La buona riuscita di tale progetto ci porta a una importante riflessione: la fattibilità di un piccolo progetto come questo è evidente, e si contrappone con quelle macro-opere, su cui soprattutto la destra ha voluto investire, che, oltre a non essere mai state concluse, hanno comportato un enorme dispendio economico e la risultante di tali lavori è stata costantemente zero sotto ogni punto di vista; in parole povere e chiare riteniamo che sia necessario pensare in piccolo, ma che questi progetti siano fattibili e soprattutto funzionali.
Passando alla seconda categoria e cioè quella riguardante i progetti iniziati e mai conclusi, nelle discussioni abbiamo avuto la possibilità di affrontare il caso dell’ “oasi di Campocecina” dove, negli anni Settanta, ci fu la volontà di creare un piano regolatore del bosco, accompagnato da una piccola cooperativa per la gestione del territorio in questione: anche in quel caso il blocco fu la naturale conseguenza di un disinteresse politico, o più in particolare, della decisione dell’amministrazione di dedicarsi ad altre progettualità, ritenute evidentemente prioritarie.
Abbiamo anche toccato il tema della manutenzione dei boschi, al quale è stata dedicata, recentemente,  una commissione che si è concentrata sulla manutenzione dei c.d. ‘frontisti’: il problema emerso è stato quello di una totale confusione a riguardo delle competenze di tali boschi , intrecciata alla questione degli ‘eredi’ dei terreni; resta il fatto che se la provincia in un qualche modo ha abbozzato progetti, il nostro comune è rimasto praticamente bloccato da sempre.


8)      Proprio nella direzione della nostra proposta, si muovono le nuove direttive della regione Toscana, che con l’approvazione del P.D.L. 195, diventato legge il 27 dicembre 2012, che istituisce l’ente “Terre Regionali Toscane” e la “Banca della Terra”, si pone l’obiettivo di favorire la formazione di giovani agricoltori per contrastare il sempre più frequente fenomeno dell’abbandono dei terreni agricoli e rurali e delle produzioni alimentari toscane, note in tutto il mondo.
La “Banca della Terra”, in primis, che racchiude l’inventario completo di tutti i terreni e aziende agricole di proprietà pubblica e privata, pur mantenendo sempre la centralità del ruolo delle cooperative, prevede l’assegnazione dei terreni disponibili attraverso varie forme contrattuali, in base a rapporti di deposito, prestito o intermediazione.
La cooperativa di conferimento può, dunque, candidarsi a coltivare direttamente il terreno mentre il vecchio socio con feritore si ritira, affidando il proprio terreno alla cooperativa stessa; la seconda ipotesi prevede, invece, la possibilità di promuovere la costituzione di un’apposita azienda agricola per la conduzione dei terreni ammettendola come socia, la quale dovrà poi conferirle i propri prodotti; infine, la cooperativa di conferimento può proporre di svolgere per i propri soci un’attività di intermediazione fondiaria, favorendo l’incrocio tra la domanda e l’offerta dei terreni in abbandono.
In seconda istanza, l’ente pubblico “Terre Regionali Toscane” sarà, invece, dipendente dalla regione e permetterà di gestire in maniera più razionale ed efficace tutto il patrimonio fondiario toscano e rappresenterà inoltre uno strumento importante per la gestione dei boschi in maniera sostenibile e per effettuare operazioni di green economy.
Come GD Carrara riteniamo quindi necessario e doveroso sfruttare gli strumenti messi a disposizione dalla regione Toscana, per incentivare la nascita di attività di questo tipo anche sul nostro territorio e le motivazioni sono molteplici: da una parte, per dare risposta, magari anche in misura ridotta, alla enorme richiesta di posti di lavoro, dall’altra, per far uscire dal degrado e dall’abbandono il nostro ambiente rurale che, insieme al territorio nella sua interezza, costituisce quello che per eccellenza chiamiamo BENE COMUNE.

9)      Dalle discussioni è emersa l’esistenza di un documento stilato dalla nostra segreteria provinciale nel 2011, dal quale abbiamo voluto estrarre alcune frasi per dimostrare come il nostro progetto sia un qualcosa di già analizzato ma di cui ancora mancano tracce:
“ ….. Ciò comporta un'attenta valutazione dell'ordine di priorità degli interventi che delle metodologie tecniche da utilizzarsi che dovranno essere appropriate ed efficienti secondo le più avanzate metodiche offerte dalla disciplina in materia. Ciò significa definire adeguati strumenti di valutazione e progettazione, strutture di coordinamento e di monitoraggio, anche sui costi oltreché sulle priorità su cui intervenire. Occorrerà infine promuovere, nelle forme più opportune, politiche di coinvolgimento e partecipazione rispetto alle popolazioni coinvolte, le quali hanno pieno diritto di conoscere e contribuire alla determinazione degli ambienti determinanti la loro stessa vita”.
“…. Un elaborazione che aiuti anche a far sì che i territorio non venga riprodotto sempre secondo logiche aliene alle particolarità delle strutture ambientali che lo caratterizzano, ma che questo venga conformato anche secondo le compatibilità dell'ambiente ospitante e con tecniche appropriate e con costi sostenibili…..”.
“….Tecnici pubblici, professionisti privati, sistema delle imprese, in particolare edili ed agricole, dovranno confrontarsi, organizzarsi e formarsi rispetto ai nuovi bisogni che emergono dalle nuove problematicità ambientali, innalzando la qualità complessiva dei sistemi atti alla loro gestione. Il compito più impegnativo comunque risulta costituito dall'adeguamento degli strumenti della pianificazione territoriale atti a presiedere la crescita urbana e le politiche di sviluppo sostenibile…..”[2].
Chiediamo, dunque, che di questo importante documento inizino a vedersi frutti reali e tangibili.


Il segretario GD Carrara, Mario Taurino.
Il responsabile alle politiche ambientali della segreteria GD Carrara, Emanuele Giampedroni.
I Giovani Democratici del Comune di Carrara.



[1]Dati presi dalla stazione meteoapuane.it di Avenza.

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